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Un criminologo può risolvere un caso ma servono competenze (intervista)

Posted on 14 giugno 2018 by malkehats

Intervista alla dottoressa Ursula Franco, da anni impegnata nella battaglia contro quello che lei definisce il “business dei finti omicidi”

Stylo24, 14 giugno 2018

Dottoressa Franco, un criminologo può addivenire alla verità su un caso giudiziario?

Certamente, la verità esiste e i fatti accaduti sono immarcescibili, pertanto, potendo accedere alle indagini, anche se non straordinariamente condotte, non è difficile arrivare alla verità, naturalmente servono competenze adeguate ed il caso va analizzato da più punti di vista.

Quali sono queste competenze?

Un buon criminologo deve conoscere la medicina legale, la psichiatria, la casistica, la tecnica d’analisi dell’interrogatorio, non solo per capire se un indagato dissimuli o falsifichi ma anche per individuare ogni possibile forma di contaminazione da parte di chi lo ha interrogato; deve avere una buona capacità logica e una formazione scientifica che gli permetta di analizzare in modo critico le conclusioni di qualsiasi consulenza che parta da dati scientifici, come un’eventuale consulenza sulle celle telefoniche.

Dottoressa come si spiega che ci sia ancora gente che dice che è impossibile addivenire alla verità su un caso giudiziario e che è da presuntuosi affermare di averne invece la soluzione?

Solo chi non ha i mezzi per addivenire alla verità sostiene che alla verità non si può addivenire, il problema di questi soggetti è che ignorano di non sapere e ritengono che anche gli altri non abbiano i mezzi di cui loro sono privi.

La “credenza” che non si possa addivenire alla verità ha qualcosa a che fare con il modo in cui i programmi televisivi trattano i casi giudiziari?

Certamente, molti protagonisti di questi programmi non hanno alcuna competenza per esprimersi sui casi giudiziari ma sono solo beniamini di un pubblico che li idolatra a causa del loro sfacciato giustizialismo, sono dei brutti anatroccoli, “brutti” e “cattivi”, in cui la gente si identifica facilmente; aggiungo poi che invece la maggior parte degli esperti che si esprimono in televisione non conoscono in profondità i casi sui quali “fantasticano”; altri semplicemente non hanno talento.

Abbiamo notato che molti cosiddetti esperti televisivi spesso cambiano idea sulle responsabilità o meno di qualcuno.

Sarebbe esilarante se non fosse una tragedia per coloro che vengono presi di mira da queste trasmissioni. Questi signori cambiano idea previo compenso ma sono spesso pronti a ricambiarla ancora e ancora pur di apparire in televisione. Purtroppo il loro pubblico è di memoria corta e continua a venerarli nonostante non lo meritino affatto.

Ci dica dottoressa Franco, lei ritiene che chi indaga si avvalga di tecniche d’indagine inadeguate e per questo sia spesso in difficoltà?

Ma neanche per sogno, oggigiorno le indagini forensi sono precise e siamo capaci di ottenere informazioni scientifiche straordinarie. Peraltro un caso giudiziario è un argomento di studio molto più grossolano di quanto non si pensi, non sono i dettagli che fanno un caso come non sono i dettagli che fanno un errore giudiziario, un errore giudiziario è il frutto di una grossolana forzatura dei fatti.

Dottoressa, qual’è la ricetta per risolvere un caso giudiziario?

Serve un PM competente che conosca la casistica e sappia indirizzare le indagini e poi servono consulenti onesti, parlo di quelli che forniscono le consulenze alle procure.

Dov’è il problema?

Il problema più grosso sono i PM incompetenti, poi viene il problema dei consulenti partigiani delle procure che, invece di concludere secondo verità, spesso dissimulano o falsificano per appoggiare la tesi del PM, falsando irrimediabilmente la soluzione del caso.

Ci fa un esempio?

Un medico legale tace l’assenza del contenuto gastrico di una vittima di omicidio morta dopo aver consumato la cena cosicché il PM può continuare a sostenere che sia stata uccisa intorno alle 19.30, in un orario in cui la cena non poteva che trovarsi ancora tutta all’interno dello stomaco. Insomma, basta che un medico legale dissimuli e un fesso se ne va in galera per un omicidio commesso da un altro. Per questo le dico che il problema non sono le indagini forensi ma chi le conduce. Per quanto riguarda le celle telefoniche e le indagini genetiche, poiché la maggior parte dei giudici sono a digiuno di questi argomenti, è facile assistere agli infelici show di consulenti pronti a dire una “verità” o il suo contrario sullo stesso tema a seconda dei casi.

Elena-Ceste-e-suo-marito

Da anni  lei combatte quello che ha soprannominato il “business dei finti omicidi”, ci spieghi meglio.

Ne parlo spesso perché vorrei che fosse chiaro a tutti che inventarsi omicidi in casi di suicidi e morti accidentali, non è un’operazione indolore, allevia il senso di colpa dei componenti sopravvissuti della famiglia del defunto ma non gli permette neanche di elaborare il lutto, in quanto li impegna spesso in battaglie senza fine, e soprattutto distrugge le vite di coloro che vengono ingiustamente accusati del reato, a volte incredibilmente condannati, un caso su tutti: Michele Buoninconti.

Pubblicato in criminologia, Elena Ceste, interviste | Contrassegnato alessandro calvia, alessandro calvia alghero, amica Maria Ungureanu, Anca A. Mihai, Anca A. 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Una mia intervista sulla sentenza Buoninconti

Posted on 18 Mag 2018 by malkehats

Le Cronache Lucane, 18 maggio 2018

Che vuol dirci della sentenza di ieri?

Un insulto alla verità. Un paradosso: un uomo è stato condannato a 30 anni per un omicidio mai avvenuto. Difficile da accettare, in specie se si ha la tendenza a sopravvalutare l’intelligenza altrui.

A cosa pensava ieri durante l’udienza in Cassazione?

A Franz Kafka e al suo romanzo “Il Processo”.

Come si sente?

Sono serena e sono sicura che lo sia anche Buoninconti, la verità su come sono andati i fatti e su come si è arrivati a queste tre assurde condanne è agli atti ed è immarcescibile, Michele Buoninconti avrà giustizia.

Perché ha dichiarato che la conferma della condanna è peggio per tutti?

Gli italiani, non solo stanno festeggiando qualcosa che va oltre il fallimento della giustizia ma pagheranno di tasca propria i milioni di risarcimento dovuti a Buoninconti che naturalmente saranno proporzionali agli anni che passerà in carcere. La massa sottovaluta il fatto che chiunque di noi potrebbe trovarsi un giorno in galera per un omicidio mai avvenuto o di cui non è responsabile, Buoninconti infatti non è la prima vittima di un orrore giudiziario e non sarà l’ultima, le faccio un esempio: Alessandro Calvia sta scontando una pena a ventiquattro anni di reclusione per un omicidio che non ha commesso e, come nel caso di Buoninconti, le capre del web lo deridono per ciò che ha detto durante un’udienza del processo a suo carico, in quanto, essendo incompetenti, scambiano le parole di disperazione di un innocente per quelle di un assassino.

Dottoressa Franco che merito si riconosce?

Non certo il merito di aver capito un caso semplicissimo come il caso Ceste ma quello di aver trovato la forza di scrivere, nella mia consulenza, cose tanto logiche da sembrare scontate.

Che cosa le ha lasciato professionalmente questa esperienza?

Mi ha permesso di comprendere il sistema degli orrori giudiziari e di riconoscerli in work in progress a miglia di distanza, sono dei copycat, intervengono sempre gli stessi fattori, fattori che mi impediscono di chiamarli “errori”.

Vede un potenziale errore giudiziario all’orizzonte?

Ho difficoltà a capire come Marco Venturi possa essere indagato per l’omicidio di Carlotta Benusiglio quando una semplice analisi dei tempi permette di escludere questa possibilità, ecco, in questo caso, sento puzza di bruciato.

Vuole aggiungere qualcosa?

Voglio ringraziare lei, Domenico Leccese, per avermi dato voce su questo caso già da prima che ricevessi l’incarico di consulente della difesa di Buoninconti, e poi l’ottimo Simone Di Meo, direttore di Stylo24, David Colantoni di YOU-NG.it e Michela Becciu di UrbanPost. E infine l’avvocato Massimo Tortoroglio per essermi stato di supporto nonostante non fosse più alla difesa di Michele Buoninconti.

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Quanto scetticismo sulla criminologia. E su Pamela vi dico che…

Posted on 15 febbraio 2018 by malkehats

Intervista alla criminologa Ursula Franco: tanti errori giudiziari in Italia evitabili con un minimo di preparazione. Non regge l’ipotesi della mafia nigeriana su Macerata.

Errori giudiziari, approcci approssimativi ai casi, scarsa conoscenza di tutta una letteratura forense, che pure sarebbe necessario approfondire, e l’idea – malsana – che i processi si vincano prima in tv che nelle aule di tribunale. Uno stato desolante della Giustizia in Italia. Stylo24.it ha intervistato la criminologa Ursula Franco sulle difficoltà di una professione ancora poco valorizzata, e sull’efferato delitto di Macerata.

Stylo24, 15 febbraio 2018

Dott.ssa Ursula Franco quanto è difficile ancora fare il criminologo nel nostro paese?

Direi che è impossibile. L’ignoranza sul ruolo del criminologo è insormontabile nonostante sia l’unico consulente capace di ricostruire i fatti.

In che senso?

Nel nostro paese manca la cultura della verità, per verità non intendo quella processuale a cui si arriva dopo aver dimenticato i fatti. Mi riferisco alla verità vera, quella degli atti d’indagine, una verità che in pochi mesi viene soffocata dalle mistificazioni dell’accusa, dei giornalisti e degli avvocati della difesa, una verità che un criminologo è in grado di fornire ad una procura o ad una difesa.

E allora perché non servirsi del criminologo?

Molte procure e molti avvocati ritengono la criminologia qualcosa di equiparabile alla stregoneria, non una scienza esatta, e invece di servirsi di un esperto capace di ricostruire i fatti, sperano di portarsi a casa il caso con le improbabili ricostruzioni di consulenti informatici e genetisti. Ben vengano le consulenze di altri esperti ma il criminologo è necessario per mettere insieme le risultanze di tutte le altre consulenze di cui si avvale un’accusa o una difesa.

Che ruolo hanno i giudici per le indagini preliminare e quelli del Riesame nell’errore giudiziario?

Nella maggior parte dei casi di errore giudiziario i giudici che sbagliano fondano il loro convincimento non sugli atti d’indagine ma sulle varie ordinanze prodotte dall’accusa che non sono che un’interpretazione degli atti veri e propri. Lo prova il fatto che molti Cold Case si risolvono tornando ad analizzare gli atti d’indagine e non le conclusioni di chi non è riuscito a cavare un ragno dal buco. Lo stesso vale in caso di errore giudiziario. Recentemente ho fornito una consulenza alla difesa di Alessandro Calvia, un uomo innocente condannato a 24 anni per un omicidio del 2011. Dall’analisi degli atti d’indagine non solo si evince che il Calvia non può aver ucciso Orsola Serra ma emerge con chiarezza il nome dell’autore dell’omicidio.

Alessandro Calvia

Ha incontrato un giudice bravo?

Uno su tutti, il GIP Flavio Cusani, un magistrato straordinario che ha studiato a menadito gli atti d’indagine di un caso di cui mi sto occupando dal luglio 2016 e sul quale lui è stato chiamato a pronunciarsi, quello della morte della piccola Maria Ungureanu. In questo caso la procura di Benevento aveva richiesto l’arresto di due ragazzi estranei ai fatti ed il GIP Cusani, invece di spalmarsi sulle richieste del PM, come spesso accade, ha studiato gli atti veri e propri e così facendo ha sventato un duplice errore giudiziario.

Maria Ungureanu

Esiste, secondo lei, la vittima ideale di errore giudiziario?

Certamente, nella maggior parte dei casi è un soggetto vulnerabile a causa di un disturbo di personalità o per un ritardo mentale o a causa di un deficit intellettivo dovuto ad alcool e droghe ed è spesso mal consigliato da parenti, amici e avvocati, che, poiché sono privi dei mezzi per capire che è innocente, possono invitarlo a confessare o ad avvalersi della facoltà di non rispondere, ipotecando irrimediabilmente un eventuale risarcimento.

Che cosa pensa del fatto che si addebiti l’omicidio di Pamela Mastropietro alla mafia nigeriana, a riti tribali, ad un macellaio o ad un chirurgo?

Ipotesi insostenibili, deliranti, se non fosse per il tragico fatto, le definirei esilaranti. Il caso è molto semplice ma non credo che la procura di Macerata giungerà mai alla verità se continueranno a cercare un movente classico come può esserlo un tentativo di violenza.

Pamela Mastropietro

Ci ripete la sua teoria?

Sul corpo della Mastropietro non sono stati trovati segni di violenza sessuale non a causa dello stato dei suoi resti ma semplicemente perché Oseghale non ha violentato Pamela, l’omicidio della Mastropietro è un omicidio senza un apparente movente perché il movente è intrapsichico. E’ la ricerca di una gratificazione di un bisogno psichico che ha portato Oseghale ad uccidere. Sono proprio gli atti non finalizzati né alla commissione del delitto né all’occultamento del cadavere che ci svelano il movente. E’ il nuovo anatomo patologo a darci la chiave del caso: “lo strazio inflitto al corpo va molto oltre ciò che sarebbe stato necessario per chiuderlo in due valigie”, quello “strazio” è servito a saziare un bisogno psicologico.
Chi ha messo in pratica lo “strazio” ha fantasticato per lungo tempo quell’act out, lo smembramento non è stata un’idea dell’ultimo momento, non un’idea dettata dalle circostanze ma il vero fine di quell’omicidio.  L’accanimento sull’organo sessuale agito durante lo smembramento è un atto sessuale sostitutivo che ci informa che Oseghale è sessualmente incompetente.

L’arresto di Innocent Oseghale

In sintesi?

Oseghale non ha ucciso Pamela in seguito ad un approccio sessuale o ad una violenza sessuale, l’ha uccisa per smembrarla e dallo smembramento ha ottenuto una gratificazione sessuale. Il fatto che abbia frazionato il corpo in un numero di pezzi maggiore di quello necessario per occultarlo, è la prova che si è cimentato in questa attività non a fini “difensivi” ma perché mosso da un bisogno psicologico; a sostegno di questa ipotesi è anche il fatto che non abbia occultato i pezzi dopo essersi speso in quest’impresa. Nulla c’entra che Innocent Oseghale sia nigeriano, il fenomeno dei lust murderer sessualmente incompetenti è internazionale.

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