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Caso Buoninconti Ceste, criminologa Ursula Franco: le motivazioni della sentenza della Cassazione sono la riprova ultima che è stato commesso un errore giudiziario (intervista)

Posted on 11 dicembre 2018 by malkehats

Le Cronache Lucane, 11 dicembre 2018

Da qualche giorno i giudici della Corte Suprema di Cassazione hanno depositato le motivazioni della sentenza di condanna a 30 anni di Michele Buoninconti, accusato dalla procura di Asti di avere ucciso la moglie, Elena Ceste, 37 anni, che scomparve da casa il 24 gennaio 2014. Il corpo fu ritrovato il 18 ottobre successivo in un canale di scolo a poche centinaia di metri da casa. La criminologa Ursula Franco, che è stata consulente della difesa del vigile di Costigliole D’Asti, ci ha rilasciato una breve intervista su questo tema.

– Dottoressa Franco, che cosa pensa delle motivazioni della sentenza di condanna di Michele Buoninconti?

Le motivazioni della sentenza della Cassazione sono la riprova ultima che è stato commesso un errore giudiziario. 

– Dottoressa, ci definisca le motivazioni della sentenza con un aggettivo.

Esilaranti sarebbe l’aggettivo giusto se non parlassimo della condanna a 30 anni di reclusione di un uomo per un omicidio mai avvenuto. 

– Che può dirci riguardo a questo breve stralcio delle motivazioni della sentenza ripreso dai quotidiani nazionali: ”i tempi strettissimi in cui l’imputato commise il delitto e poi occultò il cadavere, compatibilmente con il falso alibi già predisposto, comportarono una serie di azioni ben studiate, così da poter essere eseguite in continuità secondo una cadenza sul filo dei minuti. La colpevolezza di Buoninconti è l’unica possibile lettura da dare allo svolgimento dei fatti”?

Questo breve stralcio fa luce sull’errore giudiziario. Nessuno è mai riuscito a ricostruire l’omicidio della Ceste in modo logico e in accordo con la casistica perché Elena Ceste non è stata uccisa. Le sembra logico che Buoninconti abbia premeditato l’omicidio e abbia poi gettato il cadavere a pochi metri da casa? Insomma, per i giudici Buoninconti premeditò l’omicidio ma non l’occultamento. E ancora, secondo questa ricostruzione il pover’uomo, prima di gettare il cadavere della Ceste nel fosso, allertò tutti i vicini, a che scopo? Per farsi prendere con le mani nel sacco? Peraltro nessuno ha mai saputo giustificare il fatto che i RIS abbiano escluso che un cadavere sia stato trasportato sulle auto di Buoninconti… potrei continuare in eterno. 

– Una curiosità, dottoressa Franco, perché non ha mai querelato chi non appena lei è stata nominata consulente in questo caso mediatico l’ha diffamata senza remore?

Io preferisco studiare e lavorare, chi mi diffama da anni si squalifica ogni volta che si esprime sul mio conto, sono dei poveretti che hanno tanto tempo da perdere e che temono il confronto, personaggi della TV spazzatura e non, innocentisti e colpevolisti, in tanti hanno creduto di potermi diffamare liberamente perché non facevo parte del sistema, perché non ero mai apparsa in TV, un comportamento che la dice lunga sullo stato dei loro “cervelli”. 

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Criminologa Ursula Franco: la giustizia non è vendetta (intervista)

Posted on 28 novembre 2018 by malkehats

In questa intervista di fine anno la criminologa Ursula Franco smonta alcuni luoghi comuni relativi al nostro sistema giudiziario e non perdona nessuno

Le Cronache Lucane, 28 novembre 2018

– Dottoressa Franco, quali deficienze affliggono le procure italiane?

Diciamo che molti magistrati non hanno competenze adeguate per affrontare un’indagine in quanto non conoscono la casistica, non sono capaci di condurre un interrogatorio e ignorano il fenomeno dei serial killer.

– Nel maggio di quest’anno, in un’intervista ha dichiarato che “l’ostentata superiorità morale delle parti civili spesso coincide con lo sprezzo della verità che è amorale e causa di errori giudiziari”, con chi ce l’ha?

Con chi appoggia le procure in modo acritico e con chi danneggia i procedimenti penali di cui si occupa alimentando l’incivile teatrino mediatico. 

– Che può dirci riguardo alla richiesta della procura di Benevento di archiviare la posizione dei Ciocan, di cui lei è consulente dal luglio 2016, e che rappresenta un indubbio riconoscimento per il lavoro fatto da lei e dagli avvocati della difesa Salvatore Verrillo e Giuseppe Maturo?

La richiesta della procura di Benevento parla da sé ed è la riprova che le procure hanno bisogno di criminologi che collaborino per risolvere i casi, non di chi li supporta nei loro errori attraverso i media spazzatura. 

– Che cosa la urta di più del sistema giudiziario? 

La superficialità e l’arroganza di certi “attori”, un’arroganza spesso condita da malafede e che usano per celare la loro incompetenza.

– Che pensa del tifo da stadio che circonda i casi giudiziari?

E’ patologico, non meno dei diseducativi commenti esultanti dopo una condanna, anche quelli sono segnali di uno squilibrio e non parlo di quelli dei familiari delle vittime. La giustizia non è vendetta.

– Mesi fa, avete smascherato Giuseppe Dezzani, un consulente forense che si è occupato del caso Buoninconti e di migliaia di altri casi giudiziari e che, nonostante fosse solo geometra, si spacciava per dottore e ingegnere, cosa è cambiato?

Dezzani non usa più né il titolo di dottore né quello di ingegnere ma mi hanno riferito che inspiegabilmente continua a fornire consulenze ad alcune procure. Evidentemente i tempi non sono ancora maturi, ma noi non andiamo di fretta, attendiamo pazienti il turnover dei poteri. In ogni caso, il fatto che Dezzani non usi più i titoli che millantava è la riprova che quel foglio che l’avvocato di parte civile dei Ceste, Deborah Abate Zaro, sventolò in aula durante l’udienza della Cassazione è carta straccia e che quindi i giudizi dei giudici di merito sono illegittimi perché fondati su una consulenza di nessun valore.

– Che cosa la disgusta di più di ciò che circonda un caso giudiziario? 

Quei consulenti forensi che alle famiglie delle vittime di suicidi o di accidenti raccontano che il loro familiare è stato ammazzato. Inventarsi un omicidio è una truffa e non è indolore per nessuno; non lo è per i familiari di chi è morto perché, sebbene riduca il loro senso di colpa, non gli permette di elaborare il lutto e li impegna in battaglie senza fine che li distruggono mentalmente ed economicamente e poi frantuma le vite di chi viene ingiustamente accusato di un omicidio mai avvenuto, soggetti che in realtà hanno un’unica “colpa”: essere sopravvissuti al familiare di chi li accusa. 

– Come deve comportarsi un consulente in questi casi?

Non ci sono alternative, un consulente onesto deve dire la verità ai familiari di chi si è suicidato o è morto per cause accidentali e condurli per mano verso l’elaborazione del lutto.

– Che cosa sogna per il 2019?

Un pugno di ferro contro i millantatori che viziano i processi penali.

– Chiudiamo con una curiosità, dottoressa Franco, è vero che quando lavorava nel carcere che si trova sull’isola di Gorgona, in senso critico il magistrato di sorveglianza l’aveva soprannominata Brubaker?

E’ vero, ne vado orgogliosa, come il protagonista del film Brubaker ho sempre e solo semplicemente desiderato che venisse applicato l’ordinameno penitenziario, null’altro. Credo che dovremmo interrogarci sullo stato di un paese dove chi si lamenta perché non viene applicata la legge viene considerato un rivoluzionario, a mio avviso non può che essere un paese corrotto sull’orlo del baratro. Buon 2019 a tutti.

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Criminologa Ursula Franco: il processo mediatico è una fucina di errori giudiziari (intervista)

Posted on 25 novembre 2018 by malkehats

Le Cronache Lucane, 25 novembre 2018

La criminologa Ursula Franco, che da anni si occupa di errori giudiziari, fa il punto sul processo mediatico

“L’Italia pullula di trasmissioni televisive che hanno fatto della disinformazione e dell’istigazione al giustizialismo la loro bandiera, in un paese civile verrebbero tutti indagati per intralcio alla giustizia.

I programmi televisivi che si occupano di crimine, e che vanno per la maggiore, sono condotti da giornalisti che hanno conseguito, quando va bene, la licenza superiore, ma che hanno la presunzione di ergersi a giudici dicendosi pubblicamente “terzi” nonostante ignorino completamente la criminologia, la psichiatria, la medicina legale e la casistica, questi individui sono affetti da una distorsione cognitiva detta effetto Dunning-Kruger a causa della quale rifiutano di confrontarsi con la propria incompetenza e tendono a sopravvalutarsi.

I conduttori degli “show del dolore” amano riempirsi la bocca con i capi d’accusa; lasciano passare il messaggio che indagato significhi colpevole, ad eccezione di quando gli indagati sono loro stessi; predicano la compassione esclusivamente per le famiglie delle vittime; stigmatizzano senza mezzi termini le famiglie dei carnefici attribuendo inspiegabilmente a tutti i familiari del responsabile del delitto la sua colpa così com’è usanza nelle terre in cui certi cittadini tutelano il proprio diritto autonomamente attraverso le faide familiari.

Un omicidio, com’è facile da intuire, è una tragedia sia per la famiglia della vittima che per quella del reo ma, purtroppo, inspiegabilmente, in un paese cattolico, il trend non è la compassione ma il giustizialismo.

I giornalisti spietati che speculano sulla vita di chi improvvisamente si trova coinvolto in un caso giudiziario hanno tratti di personalità psicopatica che gli permettono di approfittarsi di chi soffre e anche di manipolare i fatti senza provare alcun senso di colpa.

Le trasmissioni tanto amate dai telespettatori, dove la verità non interessa a nessuno e dove non c’è spazio per il contraddittorio, da una parte fingono di condannare la violenza e dall’altra manipolano il loro pubblico adorante mistificando i fatti e convincendolo che è preferibile la giustizia sommaria a quella di Stato.

Purtroppo i parenti delle vittime di un omicidio non cercano più verità e giustizia nell’intimità delle aule giudiziarie ma in televisione e, allo stesso modo, le famiglie dei carnefici trovano sollievo nella temporanea gratificazione che possono dargli le performance televisive dei loro avvocati e consulenti, molti dei quali gli vengono imposti dai conduttori degli stessi programmi televisivi che li ospitano.

Il processo mediatico, fucina di errori giudiziari, ha sostituito nella mente degli italiani il vero e proprio processo, gli attori di un caso giudiziario desiderano soprattutto apparire o essere rappresentati di fronte a milioni di telespettatori perché sono alla ricerca di ciò che oggi sembra contare di più: l’appoggio dell’opinione pubblica, di un’opinione pubblica alla quale vengono forniti dati parziali e manipolati e che, se anche potesse leggere gli atti per intero, non sarebbe in grado di trarre conclusioni di valore in quanto priva delle competenze necessarie. L’indignazione dell’opinione pubblica è un’arma potente ma a doppio taglio, è capace di far riaprire procedimenti ormai chiusi ma anche di far condannare dei soggetti innocenti”.

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Criminologa Ursula Franco: A Quarto Grado fanno pagare il biglietto a chi ha goduto delle menzogne da loro raccontate sul caso Ceste (intervista)

Posted on 24 novembre 2018 by malkehats

Le Cronache Lucane, 24 novembre 2018

Ieri, durante la trasmissione Quarto Grado, il conduttore Gianluigi Nuzzi ha chiesto al suo pubblico di fare donazioni in denaro a Franco e Lucia Ceste, nonni dei figli di Michele Buoninconti e ha diffuso gli estremi del loro conto corrente. La criminologa Ursula Franco, che difende Buoninconti dal febbraio 2015, ha così commentato: “Quarto Grado, dopo aver favorito la condanna a 30 anni di reclusione di Michele Buoninconti per un omicidio mai avvenuto attraverso un disgustoso processo mediatico grazie al quale la verità è stata sommersa dal fango, chiede al suo pubblico di inviare soldi ai nonni dei 4 figli di Buoninconti che versano in condizioni economiche precarie. A Quarto Grado fanno pagare il biglietto a chi ha goduto delle menzogne da loro raccontate sul caso Ceste. In questo caso giudiziario, Quarto Grado, come tante altre trasmissioni, ha guardato colpevolmente allo share e non alla verità collaborando all’errore giudiziario commesso in primo e secondo grado e consacrato dai giudici della Cassazione”.

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Caso Ceste Buoninconti: scarpette rosse sull’argine del Rio Mersa (intervista)

Posted on 23 novembre 2018 by malkehats

Abbiamo interpellato la criminologa Ursula Franco che continua a sostenere che Elena non è stata uccisa e che né i giudici, né i magistrati della procura di Asti sono mai riusciti a ricostruire i fatti in accordo con il loro convincimento proprio perché un omicidio non c’è stato.

Le Cronache Lucane, 23 novembre 2018

Dottoressa Franco, che effetto le fa vedere le foto pubblicate da “La Voce di Asti“ di un cumulo di scarpette rosse nei pressi del tratto del Rio Mersa in cui furono ritrovati i resti di Elena Ceste?

E’ un’immagine che offende la verità e rientra nella farsa che va avanti dal 29 gennaio 2015, giorno dell’arresto di Buoninconti. Il caso Ceste ricorda il caso di Madeleine McCann, i genitori della bambina, nonostante sappiano che Madeleine è morta perché sono i responsabili della sua morte, continuano a recitare una parte.

Nel nostro caso i Ceste sanno che Elena non era vittima di violenze da parte di Buoninconti e sanno anche che nell’ultimo periodo della sua vita aveva manifestato alcuni pensieri ossessivi specifici con neppur troppo sfumate idee di riferimento che non erano altro che i prodromi della crisi psicotica che l’ha poi condotta a morte.

Voglio sottolineare però che la famiglia Ceste, come i figli di Michele Buoninconti, a differenza dei McCann, sono vittime della malagiustizia e ne stanno pagando le conseguenze perché i 4 figli di Buoninconti, non solo hanno perso un padre, ma anche la loro unica fonte di sostentamento.

Il caso Ceste Buoninconti era un caso da trattare con le pinze e invece i carabinieri della stazione di Costigliole d’Asti e la procura non hanno voluto riconoscere di aver preso lucciole per lanterne.

Nonostante le tre condanne e l’impopolarità che le porta, lei continua a difendere Michele Buoninconti, perché?

Perché sono dalla parte della verità, una verità che emerge con forza dalle risultanze investigative, una verità che è stata sommersa dal fango. Lo ripeterò finché non ne avrò ragione: Buoninconti è l’unica vera vittima di questo orrore giudiziario. Buoninconti è un uomo innocente che è stato prima diffamato senza remore e poi privato della libertà e dei propri figli.

Non sono ancora state depositate le motivazioni della Cassazione, eppure la sentenza è stata emessa da più di sei mesi?

E’ difficile scrivere le motivazioni di un errore giudiziario; lo provano le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado; né i giudici, né i magistrati della procura di Asti sono mai riusciti a ricostruire i fatti in accordo con il loro convincimento perché un omicidio non c’è stato.

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Caso Ceste/Buoninconti, criminologa Ursula Franco: il sistema è più forte della verità finché non viene smascherato (intervista)

Posted on 5 novembre 2018 by malkehats

Un’associazione astigiana ha organizzato una raccolta fondi per aiutare i 4 figli di Michele Buoninconti. Il tribunale di Asti, su richiesta della Procura, ha ordinato la confisca e la distruzione di tutti i reperti e di tutte le prove che riguardano il processo a Michele Buoninconti. In merito abbiamo sentito la criminologa Ursula Franco, consulente della sua difesa e strenua sostenitrice della sua innocenza. 

Le Cronache Lucane, 5 novembre 2018

L’associazione astigiana J’Amis d’la Pera ha organizzato una raccolta fondi per aiutare i 4 figli di Michele Buoninconti che sono stati affidati ai nonni materni, Lucia e Franco Ceste. Dottoressa Franco, che cosa ne pensa?

Penso che l’iniziativa dell’associazione sia lodevole ma penso anche che, se la giustizia avesse trionfato, i 4 figli di Michele Buoninconti non solo avrebbero potuto contare sul proprio padre da un punto di vista economico ma anche emotivo.

Dottoressa Franco, cosa pensa dell’ordinanza con la quale il tribunale di Asti, su richiesta della Procura, ha disposto la confisca e la distruzione di tutti i reperti e di tutte le prove che riguardano il processo per la morte di Elena Ceste?

Vorrei risponderle che evidentemente il sistema è più forte della verità ma in realtà non è così. Il caso Cucchi ne è la riprova. Il sistema sembra più forte della verità finché non viene smascherato. Le rispondo però anche in maniera più articolata: in un caso come quello Ceste/Buoninconti, un caso con tutte le caratteristiche dell’errore giudiziario, nessun tribunale con un minimo di coscienza dovrebbe desiderare la distruzione dei reperti. Le spiego brevemente perché: l’analisi dei resti della Ceste non ha permesso di risalire alle circostanze della sua morte; lo psichiatra Pirfo, consulente della procura, diagnosticò alla Ceste un disturbo psicotico prima del ritrovamento dei suoi resti; la procura si è servita di un consulente che ha mentito al giudice del primo grado relativamente ai suoi titoli di studio, ciò ha impedito che Buoninconti venisse sottoposto ad un giusto processo; Michele Buoninconti è stato vittima di un processo mediatico foraggiato dalla procura di Asti attraverso la divulgazione di stralci di atti scelti ad hoc, un processo mediatico che ha condizionato quasi tutti gli attori di questo caso giudiziario.

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Pestaggio di Michele Buoninconti in carcere: il parere della Dott.ssa Ursula Franco, consulente della difesa (intervista)

Posted on 1 ottobre 2018 by malkehats

Michele Buoninconti è stato percosso in carcere a Saluzzo da un altro detenuto. Abbiamo sentito in merito la dottoressa Ursula Franco, criminologa, consulente della difesa del vigile di Costiglione d’Asti

Le Cronache Lucane, 1 ottobre 2018

Michele Buoninconti è stato arrestato a fine gennaio 2015 dopo la virata colpevolista dei Media che inizialmente avevano dato in pasto ai telespettatori i messaggi che si scambiava sua moglie, Elena Ceste, con i suoi amanti, le interviste ad uno di questi e quelle al medico di famiglia, ai vicini ed al prete, interviste dalle quali si evinceva che la donna era affetta da un delirio persecutorio. Nel caso Ceste si è passati dall’ipotesi dell’allontanamento volontario in preda ad una crisi psicotica ad una condanna del marito per omicidio senza che sul cadavere della Ceste siano mai stati rinvenuti i segni di una morte violenta.

Dottoressa Franco, Buoninconti è stato aggredito in carcere a Saluzzo e non ha reagito, come se lo spiega?

Non ci sono spiegazioni alternative: Buoninconti non è un uomo violento, non lo è mai stato, gli è stato attribuito un omicidio che non solo lui non ha commesso ma che non è mai avvenuto. Il caso Ceste Buoninconti è un caso paradossale, una morte accidentale di una donna in piena crisi psicotica è stata scambiata per omicidio e il marito condannato a 30 anni.

Che vorrebbe dire ai suoi detrattori e a quelli del povero Buoninconti? 

Che è umanamente inaccettabile che un uomo innocente sia stato arrestato per un omicidio mai avvenuto, sia stato sottoposto a perizia psichiatrica, privato dei quattro figli e poi condannato a 30 anni senza prove. Prove che la procura non ha trovato perché un omicidio non è stato commesso. E poi vorrei ricordare a tutti due cose: Buoninconti non è stato sottoposto ad un giusto processo in quanto uno dei consulenti chiave della procura di Asti è un millantatore che ha dichiarato il falso sui suoi titoli di studio sia nella consulenza redatta per la procura che durante un’udienza del processo di primo grado e poi, incredibile ma vero, il colonnello dell’Arma Fabio Federici, che ha fatto arrestare Buoninconti, ha ricevuto un encomio solenne per aver diretto le indagini del caso Ceste, e questo un anno prima della condanna definitiva del poveruomo. 

Dottoressa Franco, nulla le farà mai cambiare idea su Buoninconti?

Nulla, conosco gli atti come le mie tasche e gli atti d’indagine parlano chiaro, Elena Ceste è morta per ipotermia dopo essersi allontanata da casa in preda ad una crisi psicotica. Vede, non solo conosco gli atti d’indagine che mi permettono di dire senz’ombra di dubbio che nel caso Ceste non è stato commesso un omicidio ma ho analizzato anche tutto ciò che è venuto dopo e che ha condotto a questo orrore giudiziario.

Poco prima dell’udienza in cassazione, sempre in un’intervista a Le Cronache Lucane, lei si rivolse ai giudici della Suprema Corte invitandoli a leggere gli atti d’indagine e non le ordinanze.

Certamente, nei casi di orrore giudiziario la soluzione è negli atti d’indagine non nelle ordinanze o nella richiesta della misura cautelare. Nei mesi di agosto e settembre ho redatto una consulenza relativa ad un omicidio vecchio di 31 anni, lo studio degli atti d’indagine mi ha impegnato più di 400 ore e mi sono resa conto che i giudici, come purtroppo spesso accade, nonostante non avessero letto gli atti, lo si evince dalle motivazioni della sentenza, hanno condannato l’imputato all’ergastolo. Disarmante ma purtroppo ricorrente.

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