Le Cronache Lucane, 7 maggio 2018
Dottoressa Franco, in precedenti interviste e in convegni lei ha sostenuto che il processo mediatico influenza tutte le parti?
Certamente, la responsabilità di un errore giudiziario non è solo dei magistrati (PM, GIP, giudici) ma di tutti coloro che si occupano del caso giudiziario in questione e che, per incompetenza e/o pigrizia, dando per scontato che una procura abbia ragione, non si rifanno agli atti d’indagine iniziali ma alle ordinanze ed alle motivazioni delle sentenze.
Dal febbraio 2015 è consulente della difesa di Buoninconti, ha qualcosa da rimproverare al suo cliente?
Buoninconti è un povero Cristo con le caratteristiche personologiche delle vittime degli errori giudiziari, si può rimproverargli di aver creduto nel sistema giudiziario e, poiché estraneo ai fatti, di essersi lasciato trascinare nel baratro senza opporre resistenza? Le sembrerà paradossale ma sono gli innocenti quelli che hanno maggiori difficoltà nel difendersi in quanto ritengono erroneamente di non doverlo fare.
Che può dirci di quello che i Media hanno ribattezzato “l’amico di Buoninconti”, quel Sandro Caruso recentemente arrestato nell’ambito di una operazione di Carabinieri volta a smantellare un’organizzazione di ’ndrangheta che operava nell’astigiano?
Devo precisare, per onor del vero, che il signor Caruso non ha mai frequentato Michele Buoninconti e che prima del suo arresto non si conoscevano. Questo signore si è definito amico di Buoninconti ma al contempo, insieme a sua moglie, ha inviato all’avvocato della difesa Massimo Tortoroglio un fax di minacce e per questo è stato denunciato dal difensore di Michele Buoninconti per “minacce gravi in concorso”.
Ci spiega allora perché il signor Caruso è stato invitato di continuo in televisione?
Caruso, per i programmi televisivi che hanno da subito linciato Buoninconti, ha rappresentato un ospite ideale in quanto, a causa della sua incompetenza, è sempre stato privo di argomenti che potessero mettere in difficoltà o in ombra i conduttori e i loro ospiti.
Dottoressa, ritiene che Buoninconti abbia speranze in Cassazione?
Se verità e logica prevarranno, Michele Buoninconti verrà assolto perché il fatto non sussiste, se invece i Giudici non guarderanno sotto il fango del processo mediatico voluto dalla procura di Asti, il povero Buoninconti vedrà confermata la condanna. Le ordinanze e le motivazioni delle sentenze del caso Buoninconti Ceste sono coaguli di illazioni prive di logicità, è sugli atti d’indagine che dovranno focalizzare i giudici della Corte Suprema per evitare di perpetrare il grossolano errore di chi li ha preceduti, un errore che ha distrutto le vite dei componenti di una famiglia già segnata da un lutto.
Dottoressa, da dove nasce questo errore?
Il denudamento è una tra le anomalie del comportamento che possono manifestarsi nei soggetti psicotici (DSM- 5), il fatto che i carabinieri della stazione di Costigliole e la procura di Asti ignorassero questo dato scientifico li ha condotti a ritenere che il ritrovamento dei resti della Ceste privi degli abiti fosse la prova dell’omicidio mentre non era altro che la conferma della crisi psicotica che aveva colpito la donna il giorno della sua scomparsa. Un errore che i responsabili della procura non sono stati capaci di ammettere di aver commesso anche quando sono stati messi di fronte all’evidenza scientifica (esiste una ben documentata casistica in merito) e, aggiungo, nonostante il consulente psichiatra della procura, già prima del ritrovamento dei suoi resti, avesse diagnosticato alla Ceste una psicosi.
Dottoressa, che farà in caso di condanna?
Una conferma della condanna della Cassazione non sigillerà il caso, la Cassazione impedirà solo temporaneamente alla verità di emergere. Ciò che mi stupisce di più è che in tanti ritengano che la procura di Asti non si sbagli, il caso Ceste è un caso di una semplicità estrema che avrebbe dovuto chiudersi nel momento in cui vennero ritrovati i resti di Elena senza abiti ma soprattutto dopo l’autopsia che ha escluso una morte violenta e dopo le analisi dei RIS che hanno escluso che un cadavere fosse stato trasportato sulle auto dei Buoninconti. Credo che non si possa definirlo errore, le condanne di Buoninconti sono un “sacrificio giudiziario” volto a salvare un sistema che non funziona. Questo è il caso della mia vita e io non abbandonerò Michele Buoninconti finché non verrà assolto perché il fatto non sussiste, è una promessa che gli ho fatto all’indomani del conferimento dell’incarico. Conosco gli atti di questo caso come le mie tasche, non c’è spazio per l’ipotesi della procura.
Che può dirci riguardo alle conclusioni di Roberto Amerio, il giudice del primo grado?
Il giudice Amerio, nel tentativo di giustificare una condanna di un innocente per un omicidio mai avvenuto, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, si è espresso spesso in campo medico incorrendo in errori grossolani. Amerio, soprattutto, nonostante la psicosi fosse stata diagnosticata alla Ceste da entrambe le parti in causa, sia dal consulente della procura di Asti, lo psichiatra Pirfo, che da me, consulente della difesa, ha escluso che la Ceste fosse psicotica; lei capisce che un giudice non ha competenze per esprimersi su questo tema e che, con questo presupposto, la sentenza di condanna da lui emessa non può che essere sbagliata. L’autopsia psicologica, che ha consentito a me e al collega Pirfo di riconoscere nella Ceste un disturbo psicotico, è una tecnica di analisi ormai consolidata che permette di ricostruirne lo stato mentale di un soggetto deceduto o scomparso.
Amerio, per svalutare le conclusioni delle consulenze sia dell’accusa che della difesa in tema psichiatrico, ha affermato erroneamente che un disturbo di personalità non è un disturbo psicopatologico e che il “delirio ad intermittenza è privo di riscontro scientifico” mentre invece è provato che l’andamento di un disturbo delirante è variabile e quello che il giudice definisce “delirio ad intermittenza” è di comune riscontro nella pratica psichiatrica in specie nei soggetti psicotici non sottoposti a terapia farmacologica.
Da tre anni lei sostiene che alle 9.00 del 24 gennaio Buoninconti non poteva essere al Rio Mersa in quanto si trovava davanti a casa di Aldo Rava, il dirimpettaio di Marilena Ceste, e che pertanto, non avendo occultato il suo corpo, non può aver ucciso sua moglie, può chiarirci i fatti?
Nell’immediatezza dei fatti la testimone Marilena Ceste ha riferito agli inquirenti di aver visto Buoninconti di fronte a casa Rava circa 5 minuti dopo le 8.55.04, quindi intorno alle 9.00 e non dieci minuti dopo come sostenuto dal giudice Amerio. Il giudice, scrivendo a pag. 22 delle motivazioni della sentenza di primo grado che ”Marilena Ceste poteva vedere dalla finestra di casa una decina di minuti dopo il Buoninconti”, ha deliberatamente manipolato a proprio tornaconto una testimonianza cruciale che permette di escludere che alle 9.00 Michele fosse al Rio Mersa ad occultare il cadavere della moglie.
A conferma di ciò che le sto dicendo è agli atti (motivazioni della sentenza di secondo grado, pag. 6) una dichiarazione di Aldo Rava del 6 febbraio 2014, un’epoca in cui non erano ancora noti agli inquirenti i tabulati telefonici relativi al caso: “verso le 9.05 circa sentivo suonare il campanello di casa con insistenza e sentivo anche suonare il mio telefono di casa”, è chiaro che Rava riferì un orario approssimativo “verso le 9.05 circa” che venne in seguito smentito dai tabulati che indicano che la telefonata alla quale si riferisce il teste giunse a casa sua alle 8.57.28, un dato scientifico che sposta di alcuni minuti indietro la presenza di Buoninconti di fronte a casa Rava e ci conferma ciò che riferì la Ceste, ovvero che Buoninconti si trovava davanti a casa sua intorno alle 9.00 e non alle 9.05. E’ evidente quindi che, se Buoninconti alle 9.00 si trovava davanti a casa Rava, non poteva essere dove l’ha collocato l’accusa attraverso la consulenza del geometra Dezzani ovvero prossimo al luogo del ritrovamento dei resti della Ceste. Va da sé che se Michele non ha occultato il corpo di Elena, nessun omicidio è stato commesso.
E’ vero che una crisi matrimoniale aveva preceduto la scomparsa della Ceste e che Michele, ben prima della notte del 23/24 gennaio 2014, era a conoscenza dei tradimenti di sua moglie?
La fantomatica crisi matrimoniale che avrebbe preceduto la scomparsa della Ceste è una fantasia della procura ed è infondato affermare che Michele fosse venuto a conoscenza dei tradimenti prima della notte del 23/24 gennaio 2014, tra l’altro, quella notte Michele non credette al racconto di Elena perché la Ceste non era in sé. Non ci sono testimonianze che possano convalidare queste due inverosimili ipotesi utilizzate dagli inquirenti per supportare una errata ricostruzione dei fatti e che solo chi non conosce gli atti d’indagine ritiene plausibili.
Il giudice Amerio riferendosi ai tradimenti della Ceste li ha definiti “esperienze affettive al di fuori del matrimonio che per certi aspetti appaiono ingenue e maldestre”, che può dirci in merito?
Le esperienze della Ceste sono sempre state puramente sessuali, nulla permette di definirle “affettive”, tantomeno “ingenue e maldestre”. I suoi incontri erano ben organizzati, Elena forniva ai suoi amanti gli orari dettagliati dei turni settimanali di lavoro di Buoninconti. Peraltro, i comportamenti sessualmente disinibiti della Ceste datavano dalla minore età e già all’epoca non avevano nulla di “affettivo”, sono agli atti le testimonianze chiarificatrici in questo senso dei suoi amanti. Il fatto che i comportamenti sessualmente disinibiti datassero già da prima dell’incontro con Buoninconti è la riprova che non possono imputarsi ad una eventuale frustrazione di una vita coniugale infelice.
A cosa ascrive il fatto che si neghi l’evidenza che è agli atti?
L’Italia non solo è un paese cattolico ma manca della cultura della verità. Elena Ceste è stata “santificata” per tentare di farla apparire la vittima sacrificale di un orco responsabile dell’ennesimo femminicidio, niente di più lontano dalla realtà, sono agli atti le testimonianze della famiglia Ceste, testimonianze che provano che quell’orco non è mai esistito ma è semplicemente il frutto di una manipolazione degli atti ad uso e consumo della procura di Asti. Non solo è deplorevole il fatto che sia stata insabbiata la verità riguardo alle relazioni extraconiugali della Ceste ma il goffo tentativo di affrancare la Ceste dalla malattia psichiatrica, che già le era stata diagnosticata dal consulente dell’accusa, è un segnale di un’arretratezza culturale che fa venire i brividi. Lo stigmatizzare la malattia psichica non aiuta a combatterla, la malattia mentale è semplicemente una malattia come un’altra. Ma soprattutto, il fatto che non si vogliano riconoscere queste due verità, che erano interamente emerse all’indomani della scomparsa della Ceste, ha condotto ad un inaccettabile errore giudiziario.
Come avete smascherato il consulente informatico Giuseppe Dezzani?
La storia si ripete, quando un consulente sostiene l’insostenibile e favorisce la condanna di un innocente, il suo destino è segnato. L’analisi del contenuto della consulenza di Giuseppe Dezzani nel caso Ceste Buoninconti e quella delle sue dichiarazioni al giudice hanno insospettito me e l’ingegner Paolo Reale, consulente della difesa, i nostri sospetti si sono rivelati fondati all’indomani di indagini fatte dalla Guardia di Finanza de L’Aquila sui titoli di studio di Dezzani: diploma di geometra e qualche esame all’università, nessuna laurea in Informatica.
Dottoressa Franco che può dirci della consulenza sulle celle telefoniche che ha incastrato Buoninconti?
Durante il processo a Michele Buoninconti, il signor Giuseppe Dezzani, che, a suo dire, si è occupato di circa 3000 casi giudiziari, oltre ad essersi vantato di aver avuto un ruolo principe in condanne all’ergastolo, ha dichiarato il falso al giudice Amerio sui suoi titoli di studio. La Guardia di Finanza di L’Aquila, che ha indagato su Dezzani nell’ambito di un procedimento a suo carico, ha scoperto che questo signore, consulente informatico delle procure di mezza Italia, da anni millanta un titolo accademico in Informatica e lascia che i giudici lo chiamino dottore, ingegnere, se non addirittura professore, mentre ha semplicemente conseguito un diploma di geometra. Non sorprende quindi che la consulenza da lui fornita alla procura di Asti nel caso Ceste, sia un cumulo di errori. Le parrà paradossale ma non bastasse il fatto che questo signore ha millantato titoli dichiarando il falso ad un giudice in un processo per omicidio, lo stesso Dezzani, durante l’udienza del 22 luglio 2015, nonostante sia privo di competenze nel campo della psicologia della testimonianza, nel tentativo di supportare la propria errata ricostruzione dei movimenti dell’imputato, si è espresso con una leggerezza disarmante sulla credibilità di due testimoni, screditando la testimone ritenuta più importante dalla procura, quella Marilena Ceste che era stata sentita a ridosso dei fatti, ed avvalorando le dichiarazioni di un altro testimone, tale Terzuolo, di cui sono agli atti le dichiarazioni imprecise proprio riguardo agli orari da lui riferiti in quanto sentito dalla procura ben 9 mesi dopo la scomparsa della Ceste.
Dottoressa, che vuol dirci riguardo al problema dei millantatori che affligge le procure italiane.
In primis, poiché i cittadini italiani hanno diritto al giusto processo, è necessario che il Ministero della Giustizia indaghi sulle procure che si servono dei millantatori e poi, questi truffatori vanno smascherati ed estromessi dal panorama giudiziario perché non solo sono soggetti incompetenti e mentalmente disturbati ma sono pronti a dichiarare il falso pur di assumere un incarico, questo perché, essendo affetti da un disturbo di personalità, non solo mancano di empatia per il loro prossimo ma godono delle altrui condanne che interpretano come rivincite personali, questi signori infatti, dietro una corazza di menzogne, celano una scarsa autostima se non un odio di sé che ha radici nel profondo vissuto di inadeguatezza della loro infanzia e nella consapevolezza di essere stati incapaci di raggiungere legalmente gli obiettivi che si erano prefissati.
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