TikTok non c’era nel 1830 ma il principe di Condé morì impiccato per un gioco come la bambina di Palermo

Blitz quotidiano 

di Emiliano Chirchietti
Pubblicato il 31 Gennaio 2021

Tik Tok non c'era nel 1830 ma il principe di Condé morì impiccato per un gioco erotico come la bambina di Palermo
Tik Tok non c’era nel 1830 ma il principe di Condé morì impiccato per un gioco erotico come la bambina di Palermo

 

TikTok, il social network per giovanissimi, ancora non esisteva, nel 1830. Ma c’era già chi si “quasi-strangolava”. Luigi VI Enrico di Borbone Condé forse lo fece come pratica erotica, ma qualcosa gli andò storto. 

Fu trovato la mattina del 27 Agosto del 1830 nella sua camera da letto, nel castello di Saint-Leu. Strangolato da un cappio al collo.

L’estremità della cui corda era attaccata al serramento di una finestra. Una ricerca su Wikipedia ci offre il resoconto sintetico dei fatti. 

I Condé erano un ramo collaterale della Casa Reale di Francia, gente di sangue blu. Nello specifico, Luigi VI Enrico, nato a Parigi nell’Aprile del 1756, era figlio di Luigi Giuseppe di Borbone Condé, il generale, e di Carlotta Goffreda Elisabetta de Rohan.

La tragedia del duca d’Enghien

La sua  vita fu tragicamente segnata dalla morte del figlio Luigi-Antonio, duca d’Enghien. Uno dei leader delle armate degli emigrée che dal suolo tedesco combattevano contro la Rivoluzione e contro Napoleone. L’episodio marchiò e marchia ancora di vergogna la gloria di Napoleone. Enghien era di base a ad Ettenheim, nel Baden, vicino al confine francese e alla sponda tedesca del Reno. Napoleone lo fece rapire, una notte del marzo 1804, da un battaglione della Guardia imperiale. Lo fece portare a Vincennes, dove fu processato,  condannato a morte e fucilato il 21 marzo in un fossato della fortezza. Aveva 32 anni.

Nozze a 15 anni: TikTok non c’era ma lui la rapì

Il nostro Luigi-Enrico si sposò giovanissimo, nel 1770, con Batilde di Borbone-Orléans. Figlia di Luigi Filippo d’Orléans, duca d’Orléans, e di Luisa Enrichetta de Borbone-Conti, nonché nipote del reggente Filippo II d’Orléans.

Siccome però all’età di soli quindici anni fu ritenuto troppo giovane per poter consumare il matrimonio, la sposa, appena terminata la cerimonia, rientrò nel convento da dove era venuta.

Ma il Condé non si fece problemi, la rapì, ed il matrimonio fu consumato. 

I due poi si lasciano dieci anni dopo. E nelle alterne vicende dell’amore, che non conosce casate, titoli, successioni né sovrani, nel 1801, esule a Londra, conosce in una “casa chiusa” a Picadilly, Sophie Dawes. La ragazza ha 16 anni, è una semplice domestica. Ma lui se ne innamora, ne fa la sua amante e la fa studiare, trasformandola in una lady.

Con la restaurazione, Luigi Enrico e la Dawes si trasferiscono in Francia. Per coprire la relazione, Condé dice che la ragazza era sua figlia e la fa sposare al barone di Feuchères. L’ignaro barone, quando scopre la verità, divorzia. Il re, Luigi XVIII, benché cugino di Condé, allontana la giovane donna dalla corte. Ed è qui che le cose si complicano ed il mistero s’infittisce.

La chiave è nel testamento

Nel 1829, il duca di Borbone, aveva sottoscritto un testamento. In esso assegnava alla baronessa di Feuchères un legato di due milioni di franchi più una serie sterminata di proprietà. Lasciava poi il rimanente dei suoi beni (66 milioni di franchi e castello di Chantilly) al suo pronipote e figlioccio Enrico d’Orléans. Figlio di Luigi-Filippo d’Orléans, il futuro re di Francia.

Siccome a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, cominciarono a circolare voci. Che attribuivano la morte non ad una drammatica scelta suicida. Bensì ad un “assassinio su mandato di Luigi Filippo e della moglie Maria Amalia di Borbone, i quali avrebbero così affrettato l’acquisizione dell’eredità del duca da parte del loro ultimo figlio”.

Trame, congiure, eredità, tant’è che poi, sulla questione cala un coup de theatre. “Oggi si ritiene che la causa più probabile dell’evento sia stato un tentativo di quasi-strangolamento effettuato come pratica erotica”.

Quando Condé fu trovato morto, impiccato con una fune legata a una finestra ma con i piedi a terra, la porta della sua camera era chiusa dall’interno. Però pare che la camera fosse collegata con una scala segreta a quella della stessa Dawes.

Il mistero non è mai stato risolto, la Dawes fu apertamente sospettata ma gli indizi furono ritenuti insufficienti. Non ci fu alcun processo. 

TikTok non c’era ancora

Cercando qualche dato in più, in rete ci si imbatte in un articolo a firma di Ursula Franco, medico criminologo, che si occupa di morti accidentali, suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari.

“Si distinguono due tipi di impiccamento” scrive nel suo articolo: “impiccamento completo e impiccamento incompleto”, quello incompleto “è detto alla Condé e può essere sia volontario che accidentale”. 

Nel 1830 TikTok nemmeno un sogno

TikTok non era nemmeno un sogno nel 1830, altri mondi, altre storie. 

INTERVISTA DI FINE 2020 ALLA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO

– Dottoressa Franco, dopo circa 4 anni e mezzo, la procura di Benevento ha riconosciuto che Maria Ungureanu non è stata uccisa, archiviando definitivamente le posizioni di Daniel e Cristina Ciocan. Insieme all’ottimo avvocato Salvatore Verrillo vi siete battuti portandovi a casa numerose soddisfazioni: il GIP ha sempre rigettato le richieste d’arresto emesse dalla PM Maria Scamarcio, il Riesame e la Cassazione non solo hanno ritenuto inammissibili i ricorsi della procura ma vi hanno dato ragione anche in merito agli abusi cui era sottoposta la bambina e infine è venuta l’archiviazione per omicidio volontario. Al momento l’ipotesi di reato per il proprietario e per la responsabile del resort  dove si trova la piscina nella quale è affogata Maria è l’omicidio colposo. Nonostante tutto la notizia è stata ignorata dai programmi televisivi RAI e Mediaset che si erano occupati del caso, eppure la difesa dei Ciocan ha scongiurato un duplice errore giudiziario, come se lo spiega?

Si aspettava forse che si cospargessero il capo di cenere e ci celebrassero? E’ chiaro che in tanti tacciono per non affossare il sistema al quale appartengono. A noi interessa che la procura abbia riconosciuto il proprio errore e abbia cambiato rotta nonostante le pressioni di un lurido processo mediatico volto a mistificare i fatti. Risuonano nella mia mente le parole di tanti.

– E per quanto riguarda le violenze?

Gli atti parlano forte e chiaro. 

– Lo scorso anno, alla mia domanda: “Che cosa vorrebbe dire al ministro di Grazia e Giustizia?”, lei aveva risposto: “Che è necessario lavorare sulle competenze dei pubblici ministeri, che sono la causa prima degli errori giudiziari e delle emorragie di denaro pubblico che va spesso perso in interminabili indagini inutili”. E’ con malcelato orgoglio ma anche con profondo turbamento che riporto di seguito alcuni stralci di una dichiarazione del 27 novembre scorso dell’avvocato Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane: 

“IL MAGISTRATO SENZA QUALITÀ

Siamo ormai assuefatti alla lettura, in genere in trafiletti di poche righe, di inchieste penali roboanti e devastanti per gli indagati, svanite anni dopo nel nulla, tra archiviazioni ed assoluzioni variamente motivate. Lo stesso vale per arresti eclatanti (ma anche non eclatanti), poi annullati quando il danno è fatto (…) su questa drammatica questione non si farà mai un passo avanti se non si comprenderà che occorre mettere mano, con urgenza e determinazione, al problema del controllo sulla qualità del magistrato, oggi reso semplicemente impossibile dalla automaticità della progressione in carriera (…) È così oltraggioso ritenere che un magistrato che dimostri per fatti concludenti di non essere all’altezza di svolgere compiti di peculiare delicatezza e difficoltà, debba essere assegnato a compiti meno rischiosi per la comunità sociale?”

Il problema non sono solo i magistrati incompetenti e svogliati ma anche i consulenti partigiani delle procure, le loro menzogne hanno un costo enorme per il paese non solo in termini umani ma anche economici. Uno di questi “consulenti”, un millantatore che si è occupato di migliaia di procedimenti, nonostante sia stato deriso da un pubblico ministero durante un’udienza di un processo per omicidio in cui era consulente della difesa, è stato ritenuto affidabile in un altro procedimento per omicidio nonostante avesse dichiarato il falso al giudice in merito ai propri titoli di studio. Non le sembra paradossale?

– Torniamo ai casi giudiziari: Carlotta Benusiglio, 37 anni, è stata trovata impiccata ad un albero di Piazza Napoli a Milano intorno alle 6.00 del 31 maggio 2016. I familiari non credono che Carlotta si sia suicidata. Dopo una iniziale archiviazione come suicidio, il caso è stato riaperto e il fidanzato di Carlotta, Marco Venturi, 41 anni, è stato indagato per omicidio volontario aggravato. Nell’ottobre scorso, proprio in coincidenza con la chiusura delle indagini, mi pare che i giudici del Tribunale del Riesame di Milano, chiamati dalla procura di a pronunciarsi sulla richiesta della misura cautelare rigettata dal GIP nel luglio scorso, abbiano messo una grossa ipoteca su un eventuale rinvio a giudizio di Marco Venturi. Mi spiego meglio, nell’ordinanza del 15 ottobre scorso c’è scritto:“Il Tribunale del Riesame di Milano ritiene che non vi siano gravi indizi di colpevolezza a carico di Marco Venturi, avendo gli elementi fin qui acquisiti accertato- con rilevante probabilità- che la morte di Carlotta Benusiglio sia avvenuta per suicidio compiuto dalla stessa”. Già nel febbraio 2018, dopo che la Trasmissione “Chi l’ha visto?” aveva diffuso una consulenza delle parti civili, lei aveva dichiarato: “Le conclusioni del consulente della famiglia Benusiglio, Antonio Barili, che ha analizzato le telecamere di piazza Napoli, la piazza di Milano dove si è impiccata Carlotta il 31 maggio 2016, permettono di escludere che Marco Venturi abbia ucciso Carlotta Benusiglio” e ha avuto ragione. Aggiungo che recentemente non le ha mandate a dire a chi si è espresso proprio sul caso Benusiglio. 

Un caso giudiziario è sempre un argomento di studio grossolano, le risultanze autoptiche sono importanti quanto la tempistica, nel caso della Benusiglio sia le risultanze autoptiche che la tempistica ci permettono di concludere che Carlotta si è suicidata. Negli errori giudiziari viene spesso attribuito ad un innocente un omicidio premeditato o commesso in pochi secondi per superare il fatto che abbia un alibi. E’ questo il caso. Mi è bastato studiare la tempistica per capire che Marco Venturi, che pesa solo 68 chili, non può aver strangolato ed impiccato la Benusiglio, che pesava poco meno di lui, in 22 secondi. Aggiungo che lo stato dei luoghi in cui si sono svolti i fatti e quello degli abiti di Carlotta ci confermano che non è stata uccisa. La Benusiglio aveva gli abiti puliti, se fosse stata stordita prima di essere impiccata, si sarebbero sporcati di terra. La sua sciarpa era priva di lacerazioni e/o abrasioni e/o imbrattamenti. Nelle vicinanze del cadavere non vi erano segni a terra compatibili con una colluttazione e/o un trascinamento del corpo. 

– Qual è la sua posizione sul caso Genovese?

Si è trattato di violenza sessuale. Nell’Ordinanza di convalida di fermo e di contestuale applicazione di misura coercitiva nei confronti di Alberto Genovese si legge che quando la ragazza “ha ripreso un barlume di lucidità, iniziando ad opporsi e a manifestare esplicitamente il suo dissenso, fino ad implorare il suo aguzzino di fermarsi, non è stata ascoltata dal carnefice che, imperterrito, ha proseguito nella sua azione violenta, continuando a drogarla e a violentarla”. E’ evidente che non è stato un rapporto consenziente.

– Che cosa caratterizza questo stupro?

Una progettualità che rivela fantasie sessuali complesse. Genovese ha tratto piacere dalle sofferenze inflitte alla vittima e dal compiere atti sessuali con il suo corpo “inanimato”, ha messo in posa la vittima per fotografarla per poi rivivere l’esperienza. Un act out da “sadistic serial rapist”.

– Dottoressa, sono uscite le motivazioni della sentenza dell’Appello bis nel caso dell’omicidio di Marco Vannini, che ne pensa?

“la sua morte, in termini di mera convenienza personale, era preferibile alla sua sopravvivenza” è un’affermazione incompatibile con il fatto che Antonio Ciontoli abbia chiamato i soccorsi con Marco ancora cosciente. In poche parole, Antonio Ciontoli non ha mostrato di temere che Marco raccontasse la dinamica dei fatti ai soccorritori quando, sebbene con ritardo, scelse di farlo soccorrere. Infine, una volta fatta questa scelta, se avesse immaginato che Marco stava rischiando la vita non avrebbe aspettato di riferire al solo medico del PIT la causa del malore del ragazzo. E poi non corrisponde al vero che la morte di Marco “comporta di non essere certi di cosa sia realmente avvenuto tra quelle quattro mura”. L’analisi delle dichiarazioni dei protagonisti e delle intercettazioni permette di ricostruire i fatti alla lettera.

– Dottoressa, sappiamo che lei ha lavorato e vissuto nella piccola Isola Carcere di Gorgona a stretto contatto con agenti di polizia penitenziaria e detenuti, cosa è successo a Sissy Trovato Mazza?

Si è suicidata, una telecamera ha registrato tutto ciò che è successo prima e dopo il colpo di pistola partito dalla pistola d’ordinanza dell’agente stessa, Sissy era sola ed invece di uscire dal nosocomio per raggiungere i colleghi si è diretta altrove, nell’ascensore dove si è sparata, non vedo come si possano formulare altre ipotesi. Lo stesso vale per il caso di Mauro Pamiro, le telecamere hanno ripreso il professore mentre da solo si dirigeva scalzo nel cantiere nel quale è stato ritrovato il suo corpo. Le risultanze autoptiche hanno poi confermato il suicidio per precipitazione. 

– Dottoressa, nel caso della morte di Mattia Mingarelli, sappiamo che è d’accordo con la procura di Sondrio che nel giugno scorso ha chiesto l’archiviazione. Il procuratore di Sondrio Claudio Gittardi ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Riteniamo altamente probabile che la scomparsa di Mattia MIngarelli non sia collegata ad alcuna attività delittuosa. Per una serie di situazioni, forse legate ad uno stato di alterazione, si è allontanato da solo verso dal rifugio “I Barchi”, è stato male, ha perso il telefono, è tornato nella sua abitazione, dove ha lasciato cappello e cappotto, per poi uscire e cadere accidentalmente nel bosco. Non è stato colpito da nessuno, questo è stato accertato, la caduta e il freddo ne hanno causato il decesso. Resta il giallo sul perché si sia inoltrato nel bosco”

E’ logico che sono d’accordo, ho detto da subito che non c’era niente di misterioso nella scomparsa di Mattia Mingarelli, né di strano nella testimonianza del gestore del rifugio “Ai Barchi” dove il ragazzo si recò prima di morire: la presenza del vomito vicino al tavolo del rifugio e il fatto che Mattia abbia perduto il telefono proprio lì, sono la riprova che si sentì male dopo essere uscito dal rifugio. Il racconto del Del Zoppo è credibile e privo di smagliature. Mattia Mingarelli si è sentito male dopo l’ultima bevuta al rifugio “Ai Barchi”, ha urtato il volto contro un ramo, è scivolato, ha battuto la testa producendosi una frattura occipitale ed è morto per assideramento. Non ci sono né lesioni da difesa né segni di una colluttazione sul cadavere. Il cadavere di Mattia si trovava a pochi metri dal rifugio e non era occultato, tutti dati a sostegno di una morte accidentale. Non accredita di certo l’ipotesi omicidiaria il fatto che i soccorritori ed i cani non abbiano trovato il corpo del Mingarelli. I soccorritori non videro il suo corpo in quanto era coperto dalla neve caduta quella notte, mentre le ricerche con i cani da traccia, come sappiamo, non sono infallibili. L’ipotesi che il cadavere sia stato spostato è improponibile, nessuno sposterebbe infatti un corpo dopo aver dato l’allarme e con le ricerche in corso, tantomeno per non occultarlo.

– Dottoressa, nel caso Mario Biondo, la testimonianza dell’ex avvocato spagnolo della famiglia, Daniel Gomez De Arriba, che sostiene di aver visto un “solco profondo” nella parte posteriore del collo del ragazzo, che valore può avere?

Nel 2013 Daniel Gomez De Arriba ha detto ad un giornalista di aver visto “una lesione ben determinata presente nella parte posteriore del collo di Mario Biondo”, nel 2018 ha invece detto di aver visto “una macchia nera con una linea molto marcata nella parte posteriore”. Il cadavere fa testo. Se quella “lesione” o “macchia nera” fosse stata un solco profondo, il professor Procaccianti l’avrebbe rilevato e invece ha attribuito la macchia scura di cui parla Gomez De Arriba a fenomeni putrefattivi, quindi, poiché all’epoca della seconda autopsia il solco non c’era, evidentemente non c’è mai stato. I solchi non vanno e vengono. Mario Biondo si è suicidato e Raqhel Sanchez Silva non ha voluto che venissero resi pubblici i fatti suoi, fatti che nulla hanno a che fare con la morte del marito.  

– Riguardo alla morte di Mattia MIngarelli, in tanti, anche sulla tv pubblica, hanno gettato ombre sul gestore del rifugio e si sono spinti a ipotizzare l’omicidio mentre lei aveva mosso delle critiche a chi si era espresso in tal senso. Inventarsi omicidi chi danneggia?

1) I familiari di chi si è suicidato o è morto in seguito ad un incidente perché li devasta da un punto di vista economico. 

2) I soggetti estranei ai fatti cui vengono “attribuiti” omicidi mai avvenuti. Dall’ingiusta persecuzione mediatica all’errore giudiziario vero e proprio.

3) I contribuenti italiani, i cui soldi vanno persi in indagini inutili che possono durare anche parecchi anni.

– E invece chi favorisce?

1) I familiari di chi si è suicidato o è morto in seguito ad un incidente perché ne annulla il senso di colpa. 

2) Il carrozzone che circonda un caso giudiziario.

– Dottoressa, un suo breve commento sul caso Chico Forti.

Non esiste un caso Chico Forti. Forti non è stato incastrato, è lui l’autore dell’omicidio di Dale Pike. Forti ha ucciso un uomo in un paese straniero ed è stato giudicato secondo le leggi di quel paese, ha poi usufruito degli appelli che aveva a disposizione e ha il diritto di chiedere la grazia al presidente americano, ma le critiche a inquirenti, giudici ed avvocati e le accuse rivolte ad un innocente sono inaccettabili.

– Dottoressa, cosa vorrebbe dire ai suoi detrattori? 

E’ chiaro che è più facile avere ragione quando ci si schiera dalla parte delle procure e dell’opinione pubblica. Io ho scelto di mettere le mie competenze al servizio delle vittime di errore giudiziario e purtroppo non sempre si riesce a far trionfare la verità. 

– Che cosa rende difficile il lavoro della difesa di un innocente?

Il diffuso pregiudizio nei confronti della difesa, un pregiudizio che affligge sia i magistrati che i giornalisti e poi i conflitti interni alla difesa, conflitti che possono risultare fatali per un indagato/imputato. 

– Dottoressa, quante cose avrebbe voluto ancora dirmi?

Tante.

– Dottoressa, Buon 2021.

Buon 2021 a lei ed alla redazione.

CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: MARIO BIONDO SI E’ SUICIDATO, IL PROCESSO MEDIATICO NON CAMBIERA’ I FATTI ACCADUTI

Raquel Sánchez Silva e Mario Biondo

Criminologa Ursula Franco: “Mario Biondo si é suicidato, il processo mediatico non cambierà i fatti accaduti. A Raquel Sanchez Silva non si perdona di essere sopravvissuta”

Mario Biondo si è suicidato nella sua abitazione di Madrid nel maggio 2013. E finalmente, dopo la terza autopsia, la Procura di Palermo ha chiesto l’archiviazione. Si torna in aula il 2 ottobre.

Le Cronache Lucane, 26 luglio 2020

Una pletora di consulenti hanno affiancato in questi anni la famiglia Biondo, dalla famosa psicologa televisiva Roberta Bruzzone ad un ortottista invitato dalla trasmissione “Chi l’ha visto?” ad esprimersi sulle risultanze medico legali, al medico legale Mariano Cingolani, alla tossicologa Federica Umani Ronchi, per finire col biologo Luciano Garofano, il medico legale Maurizio Saliva, l’ingegnere Luca Scarselli e la psicologa Laura Volpini. 

Il dottor Giuseppe Iuvara, che è stato consulente medico legale della famiglia di Mario Biondo, è stato accusato di corruzione e arrestato nell’ambito di una vicenda legata a false pensioni di invalidità. Quando è stato colto in flagranza di reato, Iuvara era il presidente della Commissione Invalidi Civili dell’Asp di Ragusa. 

– Dottoressa Franco, cosa pensa della morte di Mario Biondo?

Mario Biondo si è suicidato. Nel lontano agosto del 1830 il Duca Luigi Enrico di Borbone-Condé  fu trovato impiccato alla «spagnoletta» di una finestra della sua camera da letto nel castello di Saint-Leu, i suoi piedi erano appoggiati a terra. Le speculazioni sulla sua morte non mancarono all’epoca come non mancano oggi quando un suicida mette in atto un impiccamento incompleto.

L’omicidio per impiccamento è raro ed è generalmente attuato in persone colte di sorpresa o in precedenza stordite. E’ chiaro che, in caso di messinscena, difficilmente l’autore dell’omicidio simulerà un impiccamento incompleto alla Condé, opterà invece per lo staging di un impiccamento completo.

– Dottoressa, lei si era già espressa dopo che erano state rese pubbliche le conclusioni della seconda autopsia disposta dalla Procura di Palermo a seguito della riesumazione del corpo ed eseguita dal Prof. Paolo Procaccianti. 

Certamente, il Prof. Procaccianti non ha riscontrato sul cadavere di Biondo segni compatibili con uno strangolamento o con una aggressione che possano aver preceduto un eventuale impiccamento ad opera di terzi.

Mario Biondo si è impiccato con una pashmina alla libreria della sua abitazione, come mostrano le foto scattate dagli investigatori spagnoli. Nelle foto, visibili online, non solo non si notano manomissioni del contenuto degli scaffali ipotizzabili nel caso Mario Biondo fosse stato impiccato post mortem o dopo essere stato stordito ma si vede il cadavere appeso alla libreria, una prova che la stessa ha retto il suo peso, e si notano le gambe distese del povero Biondo, come lo erano nelle foto scattate durante il trasporto del cadavere con una sedia lettiga.

In altre foto, sul collo di Biondo è ben visibile il solco obliquo classico dell’impiccamento, un reperto incompatibile con la fantasiosa ricostruzione che ipotizza che Mario Biondo sia stato prima strangolato e poi impiccato, com’è noto infatti, il reperto tipico dello strangolamento è un solco solitamente orizzontale di profondità uniforme senza discontinuità, discontinuità che invece caratterizza il solco dell’impiccamento e che è presente in questo caso. Se Mario Biondo fosse stato prima strangolato e poi impiccato, solo su un eventuale solco riferibile allo strangolamento e nei tessuti profondi del collo in corrispondenza dello stesso sarebbero stati repertati segni di vitalità, quali emorragie ed ecchimosi e non sul solco prodotto dall’impiccamento perché l’impiccamento sarebbe intervenuto post mortem.

In merito al solco da impiccamento prodotto da una pashmina (o da una sciarpa di seta), lo stesso non sarà mai largo come la sciarpa stessa perché il peso del corpo non si distribuirà mai uniformemente su tutto lo spessore della pashmina, questo perché, alla trazione, la pashmina si tende in modo irregolare, ovvero con strisce di tessuto più o meno estroflesse ed è sulla striscia più estroflessa di tutte che il corpo grava lasciando sul collo un segno di dimensioni inferiori rispetto alla larghezza della sciarpa.

– Dottoressa, delle lesioni non descritte nella prima autopsia che può dirci, quella eseguita dal medico legale spagnolo?

Ci ha risposto il Prof. Procaccianti: all’autopsia erano assenti segni compatibili con una aggressione. Il segno che Mario Biondo aveva alla tempia era una escoriano superficiale non era riferibile ad un atto violento capace di stordirlo o di fargli perdere coscienza, c’è poco da fare.

– Riguardo a Raquel Sanchez Silva che può dirci?

La moglie di Mario Biondo è un noto personaggio televisivo che ha, com’è comprensibile, semplicemente cercato di evitare che fosse data in pasto ai Media la sua vita privata. A Raquel Sanchez Silva non si perdona di essere sopravvissuta. La diffamazione nei suoi confronti è un’onta per il nostro paese.

CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: DATI MEDICO LEGALI INSUPERABILI, MARIO BIONDO SI E’ SUICIDATO

Mario Biondo si è suicidato nella sua abitazione di Madrid nel maggio 2013, a questa conclusione sono giunti i tre medici legali che, in tempi diversi, hanno condotto le autopsie sul corpo di Mario Biondo. 

Le Cronache Lucane, 27 febbraio 2020

Il presidente della Commissione Invalidi Civili dell’Asp di Ragusa, Giuseppe Iuvara, consulente medico legale della famiglia di Mario Biondo, è stato accusato di corruzione e arrestato nell’ambito di una vicenda legata a false pensioni di invalidità.

– Dottoressa Franco, cosa pensa della morte di Mario Biondo?

Mario Biondo si è suicidato. Nel lontano agosto del 1830 il Duca Luigi Enrico di Borbone-Condé  fu trovato impiccato alla «spagnoletta» di una finestra della sua camera da letto nel castello di Saint-Leu, i suoi piedi erano appoggiati a terra. Le speculazioni sulla sua morte non mancarono all’epoca come non mancano oggi quando un suicida mette in atto un impiccamento incompleto.

L’omicidio per impiccamento è raro ed è generalmente attuato in persone colte di sorpresa o in precedenza stordite. E’ chiaro che, in caso di messinscena, difficilmente l’autore dell’omicidio simulerà un impiccamento incompleto alla Condé, opterà invece per lo staging di un impiccamento completo.

– Dottoressa, lei si era già espressa dopo che erano state rese pubbliche le conclusioni della seconda autopsia disposta dalla Procura di Palermo a seguito della riesumazione del corpo ed eseguita dal Prof. Paolo Procaccianti. 

Certamente, il Prof. Procaccianti non ha riscontrato sul cadavere di Biondo segni compatibili con uno strangolamento o con una aggressione che possano aver preceduto un eventuale impiccamento ad opera di terzi.

Mario Biondo si è impiccato con una pashmina alla libreria della sua abitazione, come mostrano le foto scattate dagli investigatori spagnoli. Nelle foto visibili online non solo non si notano manomissioni del contenuto degli scaffali ipotizzabili nel caso Mario Biondo fosse stato impiccato post mortem o dopo essere stato stordito ma si vede il cadavere appeso alla libreria, prova che la stessa ha retto il suo peso, e si notano le gambe distese del povero Biondo, come lo erano nelle foto scattate durante il trasporto del cadavere con una sedia lettiga.

In altre foto, sul collo di Biondo è ben visibile il solco obliquo classico dell’impiccamento, un reperto incompatibile con la fantasiosa ricostruzione che ipotizza che Mario Biondo sia stato prima strangolato e poi impiccato, com’è noto infatti, il reperto tipico dello strangolamento è un solco solitamente orizzontale di profondità uniforme senza discontinuità, discontinuità che invece caratterizza il solco dell’impiccamento e che è presente in questo caso. Se Mario Biondo fosse stato prima strangolato e poi impiccato, solo su un eventuale solco riferibile allo strangolamento e nei tessuti profondi del collo in corrispondenza dello stesso sarebbero stati repertati segni di vitalità, quali emorragie ed ecchimosi e non sul solco prodotto dall’impiccamento perché l’impiccamento sarebbe intervenuto post mortem.

In merito al solco da impiccamento prodotto da una pashmina (o da una sciarpa di seta), lo stesso non sarà mai largo come la sciarpa stessa perché il peso del corpo non si distribuirà mai uniformemente su tutto lo spessore della pashmina, questo perché, alla trazione, la pashmina si tende in modo irregolare, ovvero con strisce di tessuto più o meno estroflesse ed è sulla striscia più estroflessa di tutte che il corpo grava lasciando sul collo un segno di dimensioni inferiori rispetto alla larghezza della sciarpa.

– Dottoressa, delle lesioni non descritte nella prima autopsia che può dirci, quella eseguita dal medico legale spagnolo?

Ci ha risposto il Prof. Procaccianti: all’autopsia erano assenti segni compatibili con una aggressione. Il segno che Mario Biondo aveva alla tempia non sottende un atto violento capace di stordirlo o fargli perdere coscienza, c’è poco da fare.

– Dottoressa, che mi dice del comportamento di Raquel Sanchez Silva?

La moglie di Mario Biondo è un noto personaggio televisivo che ha, com’è comprensibile, semplicemente cercato di evitare che fosse data in pasto ai media la sua vita privata.

APPIAPOLIS: SUICIDI PER IMPICCAMENTO

APPIAPOLIS, 15 febbraio 2020

Soprattutto nei casi di suicidio per impiccamento incompleto le dietrologie trovano terreno fertile e non solo impediscono ai familiari di elaborare un lutto incapsulandoli in una vita di odio e di rabbia ma producono anche parecchi danni a soggetti estranei ai fatti cui vengono “attribuiti” omicidi mai avvenuti.

Nella pratica medico legale si distinguono due tipi di impiccamento:

  1. l’impiccamento completo, che interviene quando l’individuo è sospeso nel vuoto;
  2. l’impiccamento incompleto, che interviene in un individuo solo parzialmente sospeso. In questo casi il soggetto viene ritrovato in piedi, in ginocchio, seduto o semisdraiato.

Dai tempi dell’impero persiano ad oggi l’impiccamento completo (impiccagione) rappresenta uno dei metodi di esecuzione capitale.

Nell’impiccamento completo la morte interviene per la lussazione dell’articolazione atlanto-epistrofea e susseguente compressione del midollo allungato da parte del dente dell’epistrofeo.

L’impiccamento incompleto è detto alla Condé e può essere sia volontario che accidentale, a volte è secondario ad una pratica autoerotica. 1 3 SUICIDI PER IMPICCAMENTO

L’impiccamento produce una perdita immediata della coscienza e una morte rapida anche quando solo una parte del corpo graviti sul laccio, pertanto, trovare individui con una corda stretta al collo in piedi, seduti o semidistesi, non esclude questa modalità di morte.

L’impiccamento incompleto, ormai da secoli riconosciuto dalla scienza come pratica suicidaria, scatena da sempre fantasiose ricostruzioni da parte dei parenti dei suicidi e dei giornalisti che ignorano che non solo l’omicidio per impiccamento è raro ma anche che non è necessaria la sospensione nel vuoto del corpo perché si arrivi alla morte. Per occludere le vie aeree basta esercitare sul laccio una trazione pari ad 1/3 del peso del corpo, mentre una trazione di 3-4 kg è sufficiente ad interrompere la circolazione delle arterie carotidi e una semplice compressione del nervo vago e dei ricettori seno-carotidei può produrre l’arresto immediato del cuore con morte sincopale per inibizione riflessa.

L’omicidio per impiccamento è raro e generalmente attuato in persone colte di sorpresa o in precedenza stordite. Un’analisi accurata dei luoghi e del cadavere permettono di distinguere un omicidio da un suicidio. In caso di omicidio si riscontreranno, sia sulla scena del crimine che sul cadavere, i segni di una colluttazione, mentre in caso di suicidio potrebbero essere visibili sul defunto precedenti tentativi di togliersi la vita, come tagli all’altezza dei polsi.

Nel caso un cadavere venga sospeso per simulare un suicidio saranno assenti le lesioni vitali (ecchimosi ed emorragie) in corrispondenza dei tessuti profondi del collo e del solco prodotto dal laccio e, nel caso la sospensione del cadavere avvenga tardivamente, saranno visibili ipostasi in posizioni incompatibili con la dinamica suicidaria. Naturalmente, in caso di simulazione saranno invece presenti segni indicativi di un’altra modalità di morte.

E’ chiaro che, in caso di messinscena (staging), difficilmente l’autore dell’omicidio simulerà un impiccamento incompleto alla Condé ma opterà invece per lo staging di un impiccamento completo.

La morte da impiccamento è ascrivibile ad un fattore asfittico, ad un fattore circolatorio e ad un fattore neuro vegetativo.

  • Fattore asfittico: il laccio, in genere posto nello spazio tiro-joideo, sposta indietro ed in alto l’osso joide e la base della lingua che, premendo contro il palato ed il faringe, provoca l’occlusione delle vie aeree. Solo nel caso in cui intervenga il fattore asfittico possono manifestarsi convulsioni asfittiche terminali.
  • Fattore circolatorio: l’interruzione del circolo sanguigno a livello delle arterie carotidi che si trovano ai lati del collo (3,5 kg) ed eventualmente delle arterie vertebrali (16,6 kg) produce un’ischemia cerebrale con perdita immediata della coscienza. La chiusura delle giugulari causa invece una stasi venosa acuta del territorio cefalico che produce un’edema.
  • Fattore neuro vegetativo: un’intensa stimolazione del nervo vago, che decorre verticalmente nel fascio vascolonervoso del collo insieme all’arteria carotide anteriormente e alla vena giugulare posteriormente, e dei recettori seno-carotidei può produrre l’arresto immediato del cuore con morte da inibizione riflessa.

Sempre da un punto di vista medico legale, si riconoscono due tipi di impiccamento a seconda della posizione del laccio: un impiccamento tipico, se il nodo corrisponde alla nuca e un impiccamento atipico, se il nodo si trova in posizione laterale o anteriore del collo. L’impiccamento atipico rientra tra gli impiccamenti messi in atto allo scopo di suicidarsi, il fatto che sia denominato atipico non lo rende sospetto.

Il segno più caratteristico dell’impiccamento è il solco dovuto alla compressione del laccio sul collo. Il solco può essere molle o duro, a seconda della consistenza del laccio. Il solco è obliquo dal basso in altoineguale perché più profondo a livello dell’ansa e degradante verso il nododiscontinuo perché si interrompe a livello del nodo dove la forza di trazione discosta il laccio dalla cute. Nell’impiccamento incompleto in atteggiamento prono il solco può risultare orizzontale.

All’esame medico legale in una vittima di impiccamento, oltre al solco, sono presenti: emorragie nel derma, nel sottocutaneo, nel connettivo interstiziale e nei muscoli cervicali; lacerazione delle fibre dei muscoli del collo; frattura e lussazione dell’osso joide; rottura trasversale dell’intima della carotide comune in prossimità della sua biforcazione (s. di Amussat); ecchimosi nell’avventizia delle carotidi (s. di Friedberg); lacerazione delle fibre nervose del vago (s. di Dotto); ecchimosi retrofaringea o prevertebrale (s. di Brouardel); emorragie sotto il legamento longitudinale anteriore della colonna vertebrale al passaggio dorso-lombare (s. di Simon); cianosi intensa del volto o pallore; presenza di ipostasi nei segmenti distali degli arti e nelle regioni del bacino (ipostasi a mutanda), che possono determinare erezione del pene con emissione di sperma; emorragie puntiformi congiuntivali e enfisema acuto dei polmoni.

Casistica:

2 2 SUICIDI PER IMPICCAMENTO

Il 27 agosto 1830, il Duca Luigi VI Enrico di Borbone-Condé fu trovato impiccato alla «spagnoletta» di una finestra di una camera da letto del castello di Saint-Leu, i suoi piedi erano appoggiati a terra. Da allora l’impiccamento incompleto è detto alla Condé.

Un caso di suicidio per impiccamento incompleto, che per anni ha riempito le pagine di cronaca nera, è stato quello di una dirigente della Digos di Potenza, Anna Esposito, il cui cadavere venne ritrovato impiccato con una cintura di cuoio alla maniglia di una porta del suo appartamento nella caserma Zaccagnino. Era il 12 marzo 2001. Il primo esame autoptico concluse per un3 2 SUICIDI PER IMPICCAMENTOsuicidio, un secondo esame autoptico, eseguito nel 2015, dopo la riesumazione del corpo, concluse ancora per un suicidio.

Il 24 marzo del 2017 la Corte di Cassazione ha finalmente rigettato il ricorso proposto dei familiari di Anna Esposito contro il decreto di archiviazione che il giudice delle indagini preliminari di Potenza aveva firmato.

Sia la posizione in cui fu ritrovato il cadavere (semi sospeso), che la frattura dell’osso joide, che la presenza del nodo sul lato destro del collo anteriormente sono compatibili con un suicidio per impiccamento incompleto e atipico, non solo, non sono mai stati raccolti elementi che potessero attribuire una qualche responsabilità all’unico sospettato, il giornalista della Rai, Luigi Di Lauro, legato alla Esposito da una relazione sentimentale.4 1 SUICIDI PER IMPICCAMENTO

L’attore Robin Williams si è suicidato impiccandosi ad una porta con una cintura.

Il campione di football americano, Aaron Hernandez, si è suicidato a 27 anni impiccandosi con un laccio ricavato dalle lenzuola alle sbarre della finestra della sua cella del Souza-Baranowski Correctional Center, Massachusetts, dove stava scontando una condanna a vita per l’omicidio di Odin 5 1 SUICIDI PER IMPICCAMENTOLloyd.

Hernandez, prima di suicidarsi, ha bloccato la porta della sua cella dall’interno e ha versato sapone liquido sul pavimento per ritardare i soccorsi.

6 1 SUICIDI PER IMPICCAMENTOL’attore David Carradine è stato trovato impiccato in un hotel di Bangkok il 4 giugno 2009. La sua morte è stata archiviata come impiccamento incompleto accidentale seguito ad una pratica autoerotica.

Mario Biondo si è suicidato nella sua abitazione di Madrid nel maggio 2013, a questa conclusione sono giunti gli inquirenti spagnoli e alla stessa conclusione è giunto il Prof. Paolo Procaccianti che ha eseguito una seconda autopsia disposta dalla Procura di Palermo a seguito della riesumazione del corpo. Il Prof. Procaccianti non ha riscontrato sul cadavere di Biondo segni compatibili con uno strangolamento o con una aggressione che possano aver preceduto un eventuale impiccamento ad opera di terzi.

7 1 SUICIDI PER IMPICCAMENTOMario Biondo si è impiccato con una pashmina alla libreria della sua abitazione, come mostrano le foto scattate dagli investigatori spagnoli, nelle foto visibili online, non solo non si notano manomissioni del contenuto degli scaffali ipotizzabili nel caso Mario Biondo fosse stato impiccato post mortem o dopo essere stato stordito, ma si vede il cadavere appeso alla libreria, prova che la stessa ha retto il suo peso, e si notano le gambe distese del povero Biondo, come lo erano nelle foto scattate durante il trasporto del cadavere con una sedia lettiga.

In altre foto, sul collo di Biondo è ben visibile il solco obliquo classico dell’impiccamento, un reperto incompatibile con la fantasiosa ricostruzione che ipotizza che Mario Biondo sia stato prima strangolato e poi impiccato, com’è noto infatti, il reperto tipico dello strangolamento è un solco solitamente orizzontale di profondità uniforme senza discontinuità, discontinuità che invece caratterizza il solco dell’impiccamento e che è presente in questo caso. Se Mario Biondo fosse stato prima strangolato e poi impiccato, solo su un eventuale solco riferibile allo strangolamento e nei tessuti profondi del collo in corrispondenza dello stesso sarebbero stati repertati segni di vitalità, quali emorragie ed ecchimosi e non sul solco prodotto dall’impiccamento perché l’impiccamento sarebbe intervenuto post mortem.

In merito al solco da impiccamento prodotto da una pashmina (o da una sciarpa di seta), lo stesso non sarà mai largo come la sciarpa stessa perché il peso del corpo non si distribuirà mai uniformemente su tutto lo spessore della pashmina, questo perché, alla trazione, la pashmina si tende in modo irregolare, ovvero con strisce di tessuto più o meno estroflesse ed è sulla striscia più estroflessa di tutte che il corpo grava lasciando sul collo un segno di dimensioni inferiori rispetto alla larghezza della sciarpa.

Raquel Sanchez Silva, moglie di Mario Biondo all’epoca dei fatti e noto personaggio televisivo, ha da subito collaborato con gli inquirenti e ha semplicemente cercato di evitare che, attraverso la diffusione dei files presenti sul computer del marito, fosse data in pasto ai media la sua vita privata.

8 1 SUICIDI PER IMPICCAMENTONelle prime ore del mattino del 31 maggio 2016, la 37enne Carlotta Benusiglio si è suicidata impiccandosi ad un albero del parco di Piazza Napoli, a Milano; la ragazza viveva in via dei Vespri Siciliani, a poche decine di metri dal parco. Al momento del ritrovamento, a detta dei soccorritori, i suoi piedi toccavano a terra, si è trattato pertanto di un impiccamento incompleto. Alle ore 3:39:21, circa 2 ore prima del ritrovamento del cadavere di Carlotta, la telecamera Napoli 14, ha ripreso Marco Venturi e Carlotta Benusiglio, che, imboccata via dei Vespri Siciliani, si dirigevano verso la casa di Carlotta, 3 minuti e 4 secondi dopo, alle 3.42.26, la stessa telecamera ha ripreso Marco Venturi mentre percorreva via dei Vespri Siciliani in senso inverso. Non esistono altre riprese delle telecamere di piazza Napoli che abbiano inquadrato Marco Venturi. Ipotizziamo che una volta raggiunta la casa di Carlotta (alle 3:40:04, la telecamera Napoli 12 riprese Carlotta di fronte a casa sua), il Venturi e la Benusiglio si siano diretti nel parco, per raggiungere l’albero dove è stata trovata impiccata Carlotta, la coppia avrebbe impiegato almeno un minuto, è pertanto umanamente impossibile che Marco Venturi, in meno di un minuto e 22 secondi abbia potuto stordire Carlotta Benusiglio, sospenderla all’albero e tornare in via dei Vespri Siciliani. Sono sufficienti gli orari delle inquadrature della telecamera Napoli 14 ad escludere che Marco Venturi abbia avuto il tempo materiale di commettere un omicidio e simulare un suicidio.9 300x184 SUICIDI PER IMPICCAMENTO

Kate Spade, 55 anni, ricca e famosa designer americana, il 5 giugno 2018 si è tolta la vita impiccandosi con una sciarpa alla porta della camera da letto del suo appartamento di Manhattan.10 SUICIDI PER IMPICCAMENTO

L’8 giugno 2018, Anthony Bourdain, famoso chef, si è tolto la vita impiccandosi in una camera d’albergo di un hotel di Kayserberg, France.

11 scaled SUICIDI PER IMPICCAMENTO

Altri casi:

– L’11 settembre 2014 un giovane dirigente del ministero dell’Economia, si è tolto la vita impiccandosi ad un termosifone del suo ufficio di via XX Settembre a Roma.

– Nel giugno 2003, a Massa, D.P., un operaio di 36 anni, padre di due figli si è tolto la vita impiccandosi alla maniglia di una porta con la cinghia di un avvolgibile, ha lasciato un biglietto con scritto: “Non ce la faccio più a vivere così. Sono disperato”.

– Nel giugno del 1991 Giorgio Licata, 34 anni, nato a Ragusa e residente da tempo a Milano, si è tolto la vita impiccandosi con un lembo della coperta alla maniglia della porta del bagno di una cella di sicurezza della questura di Milano.

*Medico e criminologo, allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (una tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari.  

Bibliografia

Clemente Puccini, Istituzioni di Medicina Legale

PROBLEMI DIAGNOSTICI MEDICO LEGALI IN TEMA DI STRANGOLAMENTO E DI IMPICCAMENTO

Il Tirreno, 6 giugno 2003, Si uccide un giovane padre di due figli

la Repubblica.it, 8 giugno 1991, SUICIDIO IN CELLA DI SICUREZZA NELLA QUESTURA DI MILANO

PER LA PROCURA DI PALERMO MARIO BIONDO SI E’ SUICIDATO, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: CONCLUSIONI SCONTATE

Raquel Sánchez Silva e Mario Biondo

Mario Biondo si è suicidato nella sua abitazione di Madrid nel maggio 2013, a questa conclusione sono giunti gli inquirenti spagnoli, alla stessa conclusione è giunto il Prof. Paolo Procaccianti che ha eseguito la seconda autopsia disposta dalla Procura di Palermo. A seguito della riesumazione del corpo Il Prof. Procaccianti non aveva riscontrato sul cadavere di Biondo segni compatibili con uno strangolamento o con una aggressione che possano aver preceduto un eventuale impiccamento ad opera di terzi. Alle stesse conclusioni sono giunti gli esperti del Policlinico di Palermo chiamati a svolgere una terza autopsia.

Le Cronache Lucane, 23 ottobre 2019

La criminologa Ursula Franco ha da sempre sostenuto, anche sulla nostra testata, che Mario Biondo si era suicidato. La Franco, più di due anni fa, aveva dichiarato: 

“Mario Biondo si è impiccato con una pashmina alla libreria della sua abitazione, come mostrano le foto scattate dagli investigatori spagnoli, nelle foto visibili online, non solo non si notano manomissioni del contenuto degli scaffali ipotizzabili nel caso Mario Biondo fosse stato impiccato post mortem o dopo essere stato stordito, ma si vede il cadavere appeso alla libreria, prova che la stessa ha retto il suo peso, e si notano le gambe distese del povero Biondo, come lo erano nelle foto scattate durante il trasporto del cadavere con una sedia lettiga.

In altre foto, sul collo di Biondo è ben visibile il solco obliquo classico dell’impiccamento, un reperto incompatibile con la fantasiosa ricostruzione che ipotizza che Mario Biondo sia stato prima strangolato e poi impiccato, com’è noto infatti, il reperto tipico dello strangolamento è un solco solitamente orizzontale di profondità uniforme senza discontinuità, discontinuità che invece caratterizza il solco dell’impiccamento e che è presente in questo caso. Se Mario Biondo fosse stato prima strangolato e poi impiccato, solo su un eventuale solco riferibile allo strangolamento e nei tessuti profondi del collo in corrispondenza dello stesso sarebbero stati repertati segni di vitalità, quali emorragie ed ecchimosi e non sul solco prodotto dall’impiccamento perché l’impiccamento sarebbe intervenuto post mortem.

In merito al solco da impiccamento prodotto da una pashmina (o da una sciarpa di seta), lo stesso non sarà mai largo come la sciarpa stessa perché il peso del corpo non si distribuirà mai uniformemente su tutto lo spessore della pashmina, questo perché, alla trazione, la pashmina si tende in modo irregolare, ovvero con strisce di tessuto più o meno estroflesse ed è sulla striscia più estroflessa di tutte che il corpo grava lasciando sul collo un segno di dimensioni inferiori rispetto alla larghezza della sciarpa.

Raquel Sanchez Silva, moglie di Mario Biondo all’epoca dei fatti e noto personaggio televisivo, ha da subito collaborato con gli inquirenti e ha semplicemente cercato di evitare che, attraverso la diffusione dei files presenti sul computer del marito, fosse data in pasto ai media la sua vita privata”.

MORTE DI MARIO BIONDO, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: UN SUICIDIO (intervista)

Raquel Sánchez Silva e Mario Biondo

Mario Biondo, è stato ritrovato impiccato nella sua abitazione di Madrid nel maggio 2013. Gli inquirenti spagnoli hanno archiviato il caso come suicidio. Alla stessa conclusione è giunto il professor Paolo Procaccianti, un medico legale di fama nazionale, che ha eseguito una seconda autopsia su incarico della Procura di Palermo a seguito della riesumazione del corpo.

Le Cronache Lucane, 17 maggio 2019 

Da anni, in Italia, programmi televisivi e testate giornalistiche cercano di accreditare l’ipotesi omicidiaria, ne abbiamo parlato con la criminologa Ursula Franco, che da sempre sostiene che Mario si è suicidato.

Dottoressa Franco, c’è spazio per le dietrologie?

No. L’esame medico legale è dirimente. Il professor Procaccianti non ha riscontrato sul cadavere di Biondo segni compatibili con uno strangolamento o con una aggressione che possano aver preceduto un eventuale impiccamento ad opera di terzi.

Dottoressa, com’è andata?

Il Biondo si è impiccato con una pashmina alla libreria della sua abitazione, nelle foto pubblicate online, non solo non si notano manomissioni del contenuto degli scaffali, ipotizzabili nel caso Mario Biondo fosse stato impiccato post mortem o dopo essere stato stordito, ma si vede il cadavere appeso alla libreria, prova che la stessa ha retto il suo peso, e si notano le gambe distese del povero Biondo, come lo erano nelle foto scattate durante il trasporto del cadavere con una sedia lettiga. In alcune foto, sul collo di Biondo è ben visibile il solco obliquo classico dell’impiccamento, un reperto incompatibile con la fantasiosa ricostruzione che ipotizza che Mario Biondo sia stato prima strangolato e poi impiccato, com’è noto, il reperto tipico dello strangolamento è un solco solitamente orizzontale di profondità uniforme senza discontinuità, discontinuità che invece caratterizza il solco dell’impiccamento e che è presente in questo caso. Se Mario Biondo fosse stato prima strangolato e poi impiccato, solo su un eventuale solco riferibile allo strangolamento e nei tessuti profondi del collo in corrispondenza dello stesso sarebbero stati repertati segni di vitalità, quali emorragie ed ecchimosi e non sul solco prodotto dall’impiccamento perché l’impiccamento sarebbe intervenuto post mortem.

Dottoressa Franco, che solco lascia sul collo una pashmina quando viene usata per impiccarsi?

Il solco da impiccamento prodotto da una pashmina (o da una sciarpa di seta) non è mai largo come la sciarpa stessa perché il peso del corpo non si distribuisce mai uniformemente su tutta la larghezza della pashmina, questo perché, alla trazione, la pashmina si tende in modo irregolare, ovvero con strisce di tessuto più o meno estroflesse ed è sulla striscia più estroflessa di tutte che il corpo grava lasciando sul collo un segno di dimensioni inferiori rispetto alla larghezza della sciarpa.

Leggi anche: Suicidi per impiccamento 

Morte del maresciallo Licia Gioia: analisi criminologica

Licia Gioia

Il maresciallo dei carabinieri Licia Gioia è morta nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 2017 dopo essere stata attinta da un colpo d’arma da fuoco alla testa. Licia Gioia si trovava nella camera della villetta di Contrada Isola che divideva con il marito, il poliziotto Francesco Ferrari. La procura di Siracusa ha recentemente chiesto il rinvio a giudizio di Francesco Ferrari per omicidio volontario. Francesco Ferrari ha 45 anni ed è un poliziotto tuttora in servizio alla Questura di Siracusa. Il Ferrari in precedenza era stato accusato di istigazione al suicidio e di omicidio colposo. Il caso è stato trattato dalla trasmissione “Chi l’ha visto?” ed alcuni giornali hanno pubblicato parte degli atti di indagine.

I RAPPORTI TRA I DUE CONIUGI

Il maresciallo Licia Gioia non era contenta della propria vita coniugale. Almeno tre soggetti lo hanno riferito ai giornalisti: un’amica di Licia, il vicino di casa dei coniugi Licia Gioia e Francesco Ferrari e la madre di Licia.

A) Un’amica della donna alla quale una giornalista di Chi l’ha visto? ha chiesto se Licia fosse cambiata da quando si era sposata ha detto: “Allora era cambiata, litigavano, li abbiamo visti litigare per strada eee… però era sempre lei molto agitata».

B) La stessa giornalista di Chi l’ha visto? ha intervistato un vicino. Di seguito lo scambio tra i due:

Vicino: “Loro litigavano e poi andavano a correre insieme”.

Giornalista: “Quindi era…”

Vicino: “Quindi non c’era …”

Giornalista: “… un rapporto burrascoso… intenso”.

Vicino: “Esatto… non c’era nulla che potesse far pensare a tutto quello che poi in realtà si è verificato”.

Giornalista: “Però litigavano… questo…”

Vicino: “E questo lo dicono tutti, potete girare ovunque, ogni giorno c’era una discussione”.

Giornalista: “Lui ci ha detto di no però… che non litigavano”.

Vicino: “Guardi, si sentiva solo lei, lui non si sentiva”.

C) Donata Gioia, madre di Licia, durante la puntata di Chi l’ha visto? del 12 dicembre 2018 ha detto:

Madre: “Ma mia figlia… lui continua a dire che mia figlia era gelosa ma mia figlia non lo era gelosa, mia figlia lamentava il comportamento del marito che non era idoneo e consono per essere un marito…”

Padre: “C’era mancanza di rispetto”.

Madre: “… mancanza di rispetto che aveva nei confronti di mia figlia, questo lei lamentava. Lei proprio lamentava proprio il fatto che lui non avesse rispetto nei suoi confronti, non aveva un comportamento da marito, questo lamentava mia figlia”.

STRALCI DAI VERBALI DELL’ISPETTORE FRANCESCO FERRARI RESI PUBBLICI DAI MEDIA

Riguardo alla giornata del 27 febbraio 2017 Francesco Ferrari ha dichiarato: “Dalla mattina alle 8:00, quando di consueto ci siamo preparati per accompagnare il bambino a scuola e poi accompagnare mia moglie in ufficio, mia moglie si era turbata ed era iniziata una discussione a causa del fatto che io dovevo partecipare alle esequie del mio ex cognato che si sarebbero svolte nel pomeriggio. Preciso che questo fatto di avere rapporti, sia pure per motivi giustificati, con la famiglia della mia ex moglie turbava moltissimo mia moglie al punto che ripetutamente vi erano discussioni in famiglia perché lei era ossessionata dal fatto che non si era potuto recidere, a suo dire, il legame con la famiglia di sangue della mia ex moglie. Comunque siamo usciti di casa, abbiamo prima accompagnato mio figlio e poi siamo passati dalla caserma dove prestava servizio mia moglie. Preciso che per tutta la mattinata ci siamo scambiati messaggi su whatsapp il cui contenuto era sempre lo stesso, cioè che mia moglie pretendeva che io non avessi nessun rapporto diretto né con la mia ex moglie né con i suoi familiari”.

Francesco Ferrari: “Preciso che mia moglie aveva manifestato oltre a qualche gesto autolesionisti, del tipo sbattere la testa al muro, aveva più di una volta minacciato di suicidarsi sempre con il gesto della pistola, in un caso addirittura nella pubblica via ebbi modo di filmare un breve video con il cellulare nel quale si vedeva lei prostrata a terra con gli occhi sgranati, con la pistola che io le avevo sottratto e nascosto con la mano dietro la mia spalla, con una mossa che era stata notata da alcuni bambini che erano scappati. Preciso che io feci questo filmato con l’intento di farlo visionare a Licia quando fosse ritornata in sé per rendersi conto di come si riduceva in qualche episodio”.

Poche ore prima della sua morte il maresciallo Licia Gioia inviò queste due foto al marito Francesco Ferrari: nella prima foto – come si legge nella relazione del Nucleo Investigativo Telematico – si vede la pistola di ordinanza, una Beretta calibro 9 parabellum, con il cane armato e priva di sicura e si legge: “Stronzo addio”; nella seconda foto si vedono un precipizio a strapiombo sul mare e un piede sospeso nel vuoto e si legge “Ho due opzioni” (SIRACUSAPOST).

Francesco Ferrari: “Mia moglie mi ha mandato una foto inquietante che ritrova lei stessa in una posizione tale da fare ingenerare la possibilità che si potesse gettare da una scogliera… in quanto nella foto si vedevano i piedi di mia moglie e il dirlo a mare con i flutti… io mi sono preoccupato e mi sono premurato di andare verso il luogo dove poteva trovarsi…”.

Se i racconti del Ferrari venissero confermati da eventuali testimoni o dai dati informatici, i comportamenti del maresciallo Licia Gioia farebbero emergere un quadro denominato Attention Seeking Behavior.

Generalmente un Attention Seeker è un soggetto immaturo con una bassa autostima. A volte è la gelosia a scatenare questi comportamenti, comportamenti manipolatori che possono divenire estremi.

I FATTI RELATIVI ALLA NOTTE TRA IL 27 E IL 28 FEBBRAIO 2017

La giornalista di Chi l’ha visto? ha riferito che la sera del 27 febbraio 2017, Licia Gioia e Francesco Ferrari comprarono dei panini per cena ma che Licia, dopo che i due coniugi giunsero a casa, rimase in auto e non cenò con il marito, un comportamento che, se confermato, rientrerebbe nell’ambito dell’Attention Seeking Behavior e sarebbe pertanto compatibile con la successiva minaccia di suicidio.

LA MORTE DI LICIA GIOIA

Il racconto che Francesco Ferrari ha fatto riguardo alla dinamica della morte di Licia Gioia è sostenuto in toto dalle risultanze medico legali.

Poco dopo la mezzanotte, Licia Gioia si è puntata l’arma alla testa e ha minacciato di suicidarsi e, mentre il marito cercava di disarmarla, sono partiti due colpi, uno dei quali, quello mortale, l’ha attinta alla testa e l’altro al gluteo. Il fatto che il primo colpo non sia stato esploso a bruciapelo, ma da circa 25 cm di distanza, prova che il Ferrari tentò di allontanare l’arma dalla testa della moglie e che proprio in quel frangente partì quel colpo, cui seguì un secondo colpo circa dieci secondi dopo. Il secondo colpo ci conferma che quei due colpi partirono in una situazione concitata, il Ferrari è infatti un poliziotto abituato a maneggiare armi e se l’arma fosse stata nelle sue mani non sarebbe partito nessun secondo colpo.

E’ proprio la dinamica dell’incidente ad illuminarci sul perché quando Licia Gioia è stata attinta dal colpo mortale “non era in una posizione usuale per un soggetto che intenda suicidarsi ma era in una posizione scomoda e innaturale”, così come affermato dal medico legale, non perché il marito l’abbia uccisa ma perché il colpo è partito mentre il Ferrari stava cercando di disarmarla. Lo provano la ridotta distanza dalla quale è stato esploso il colpo e le analisi dei tamponi usati per rilevare tracce di polvere da sparo che sono stati eseguiti sulle mani dei due coniugi e che hanno dato esito positivo in entrambi i casi. Questa dinamica spiega anche la presenza di polvere da sparo sulla mano sinistra della Gioia, la donna infatti cercò di allontanare il Ferrari, che intendeva disarmarla, con l’unica mano libera, la sinistra, in quanto nella destra impugnava l’arma.

Dai verbali di Francesco Ferrari: “Subito dopo, sarà passato mezzo secondo, un tempo molto ristretto, io ho cercato di togliere la pistola dalle mani di mia moglie portandola via dalla testa e in quel momento è partito il secondo colpo che ha colpito me e alla gamba mia moglie. Preciso in sede di verbalizzazione che il colpo è partito quando ho posizionato la pistola ancora nelle mani di mia moglie, sul letto. Ritengo che materialmente a spingere il grilletto sia stato il dito di mia moglie, anche perché la mia mano sinistra era posizionata sopra il carrello mentre la mia mano destra era libera”.

Quel secondo colpo, in accordo con le risultanze medico legali, è stato esploso quando Licia era ormai morta, quindi dopo “non meno di dieci secondi” dal primo. La prova che Licia fosse ormai morta quando è stata attinta per la seconda volta ce la forniscono la mancanza di vitalità delle ferite provocate dal secondo colpo, infatti, sempre in accordo con le osservazioni del medico legale “il gluteo e la parte di pigiama corrispondente della Gioia presentavano scarse tracce ematiche”.

Se l’arma fosse stata nelle mani dell’ispettore Francesco Ferrari non sarebbe partito nessun secondo colpo, essendo il Ferrari un soggetto abituato a maneggiare una pistola ma soprattutto il proiettile non avrebbe avuto quella traiettoria.

Pertanto le risultanze medico legali permettono di escludere il suicidio vero e proprio e confermano il racconto del marito: Licia Gioia è morta in seguito ad un incidente. L’omicidio volontario non è l’unica alternativa al suicidio.

Peraltro il Ferrari non aveva alcun motivo di desiderare la morte della moglie mentre la Gioia non era contenta del proprio matrimonio e quella stessa sera si era trattenuta in auto e non aveva cenato con il marito, un comportamento compatibile con la successiva minaccia di suicidio.

Il fatto che Francesco Ferrari sia risultato positivo al tampone (stub) per la ricerca di residui di polvere da sparo significa che dopo l’incidente non si è lavato le mani, un dato che ci conferma che l’ispettore ha detto la verità. Se infatti l’omicidio fosse stato volontario il Ferrari si sarebbe lavato ripetutamente le mani prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. La casistica insegna: chi simula un suicidio, la prima cosa che fa dopo aver sparato è cancellare le tracce di polvere da sparo da sé, in specie se è un soggetto avvezzo all’uso delle armi.

L’ARMA USATA

L’arma da cui sono partiti i colpi era la pistola in dotazione al maresciallo Licia Gioia, non quella in dotazione all’ispettore Francesco Ferrari, pertanto si può logicamente inferire che sia stata proprio la Gioia a tirar fuori la pistola e a puntarsela alla testa.

Se il Ferrari avesse ucciso la Gioia in un momento di rabbia avrebbe usato la propria arma e non si sarebbe certo servito di quella della moglie che peraltro, da quanto è trapelato, la donna era abituata a tenere scarica. In ogni caso, a prescindere dalle abitudini del maresciallo Licia Gioia, l’ispettore Francesco Ferrari non poteva sapere se quella sera la pistola fosse carica o meno.

Dopo l’incidente il Ferrari chiamò la sua ex moglie invitandola a raggiungerlo per prelevare il loro figlio minore, questo atteggiamento protettivo del Ferrari nei confronti del bambino ci permette di escludere che sia stato lui a tirar fuori l’arma in dotazione a sua moglie Licia Gioia.

I COMPORTAMENTI TENUTI DA FRANCESCO FERRARI DOPO L’INCIDENTE NON HANNO UNA SPIEGAZIONE UNIVOCA

– Il fatto che il Ferrari abbia un’altra compagna non prova certo che non amasse sua moglie né tantomeno lo rende un soggetto sospetto.

– Il Ferrari non parla con i suoceri semplicemente perché gli stessi hanno messo in dubbio la sua ricostruzione dell’incidente.

Di seguito uno scambio tra la giornalista di Chi l’ha visto? e il Ferrari:

Giornalista: “Loro (i genitori di Licia) sono molto delusi, sai”.

Francesco Ferrari: “Sì, anche io sono molto deluso perché io pensavo chee… facessero squadra intorno a me in questo momento, come io voglio fare intorno a loro, insomma, quindi non… siamo più o meno nella stessa… situazione”.

Infine, non sono certamente di supporto all’ipotesi omicidiaria né il fatto che la Gioia avesse cucinato una torta alla cioccolata per il Ferrari e suo figlio né che il maresciallo si fosse lavata i denti e si fosse messa la crema né che avesse predisposto un programma settimanale delle proprie attività, estetista, massaggi e una cena. La casistica relativa ai suicidi docet.

CASE CLOSED.

Questa analisi è stata pubblicata su Le Cronache Lucane il 19 dicembre 2018.

Criminologa Ursula Franco: non mi spiego il rinvio a giudizio di Francesco Ferrari per omicidio volontario (intervista)

La dottoressa Ursula Franco è da sempre sensibile al tema delle morti accidentali e dei suicidi scambiati per omicidi.

Le Cronache Lucane, 13 dicembre 2018

– Dottoressa Franco, capita sempre più di frequente che a causa della pressione mediatica le procure italiane riaprano casi che avevano in precedenza archiviato come suicidi, cosa ne pensa?

Non posso risponderle in modo generico, ogni caso è un caso a sé e va analizzato nello specifico. Diciamo che recentemente mi sono stupita in almeno tre casi ma soprattutto non mi spiego il rinvio a giudizio di Francesco Ferrari per omicidio volontario. E’ chiaro che quando Licia Gioia è stata attinta dal colpo mortale “non era in una posizione usuale per un soggetto che intenda suicidarsi ma era in una posizione scomoda e innaturale” perché il colpo è partito mentre il Ferrari stava cercando di disarmarla. Lo provano la distanza dalla quale è stato esploso il colpo e le analisi dei tamponi usati per rilevare tracce di polvere da sparo che sono stati eseguiti sulle mani dei due coniugi e che hanno dato esito positivo in entrambi i casi. 

– Quali sono i casi di suicidio più controversi?

Le dietrologie trovano terreno fertile soprattutto nei casi di suicidio per impiccamento incompleto eppure da secoli la casistica insegna che non solo l’omicidio per impiccamento è raro ma non è necessaria la sospensione nel vuoto del corpo perché si arrivi alla morte, insomma si può morire pure impiccandosi alla maniglia di una porta.

– Dottoressa Franco, che significa impiccamento atipico?  

Da un punto di vista medico legale si riconoscono due tipi di impiccamento a seconda della posizione del laccio: un impiccamento tipico, se il nodo corrisponde alla nuca e un impiccamento atipico, se il nodo si trova in posizione laterale o anteriore del collo; il fatto che il nodo sia laterale o anteriore non impedisce l’impiccamento. L’impiccamento atipico rientra tra gli impiccamenti messi in atto allo scopo di suicidarsi e il fatto che sia denominato atipico non lo rende sospetto.

– Che cosa comporta scambiare un suicidio per un omicidio?

Quando è una procura a scambiare un suicidio per un omicidio c’è il rischio che venga commesso un errore giudiziario. Quando invece qualche consulente convince i familiari di un suicida che il loro caro è stato ucciso non fa che impedirgli di elaborare il lutto e li incapsula in una vita di odio e di rabbia nei confronti del soggetto a cui li stessi attribuiscono l’omicidio, un omicidio che in realtà non è mai stato commesso. Pertanto chi li sostiene non gli fa un regalo, non lo fa alla verità e tantomeno alla giustizia.

– Da un punto di vista psicologico dove sta il problema?

I familiari di un suicida non accettano di non aver compreso che il loro caro stesse vivendo un momento difficile e, per liberarsi dal senso di colpa, cercano la via dell’omicidio attribuendolo spesso al coniuge del suicida, al quale soprattutto non perdonano di essere sopravvissuto, ciò innesca un processo dove non c’è spazio per la verità e che, sebbene li liberi dal senso di colpa per non aver capito l’entità del disagio del proprio familiare, può condurre ad un errore giudiziario.

– E’ possibile che in questo processo i genitori di un suicida arrivino a dissimulare? 

E’ possibile. Spesso i genitori di chi si suicida dissimulano senza provare vergogna o senso di colpa perché si sentono paladini di una nobile causa e sono forti del sostegno che ottengono dall’opinione pubblica che non vede l’ora di individuare un “mostro” contro cui scagliarsi.

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Suicidi per impiccamento

Soprattutto nei casi di suicidio per impiccamento incompleto le dietrologie trovano terreno fertile e non solo impediscono ai familiari di elaborare il lutto incapsulandoli in una vita di odio e di rabbia, ma producono anche parecchi danni a soggetti estranei ai fatti cui vengono “attribuiti” omicidi mai avvenuti.

Nella pratica medico legale si distinguono due tipi di impiccamento:

  1. l’impiccamento completo, che interviene quando l’individuo è sospeso nel vuoto;
  2. l’impiccamento incompleto, che interviene in un individuo solo parzialmente sospeso. In questo casi il soggetto viene ritrovato in piedi, in ginocchio, seduto o semisdraiato.

Dai tempi dell’impero persiano ad oggi l’impiccamento completo (impiccagione) rappresenta uno dei metodi di esecuzione capitale.

Nell’impiccamento completo la morte interviene per la lussazione dell’articolazione atlanto-epistrofea e susseguente compressione del midollo allungato da parte del dente dell’epistrofeo.

L’impiccamento incompleto è detto alla Condé e può essere sia volontario che accidentale, a volte è secondario ad una pratica autoerotica.

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L’impiccamento produce una perdita immediata della coscienza e una morte rapida anche quando solo una parte del corpo graviti sul laccio, pertanto, trovare individui con una corda stretta al collo in piedi, seduti o semidistesi, non esclude questa modalità di morte.

L’impiccamento incompleto, ormai da secoli riconosciuto dalla scienza come pratica suicidaria, scatena da sempre fantasiose ricostruzioni da parte dei parenti dei suicidi e dei giornalisti che ignorano che non solo l’omicidio per impiccamento è raro ma anche che non è necessaria la sospensione nel vuoto del corpo perché si arrivi alla morte. Per occludere le vie aeree basta esercitare sul laccio una trazione pari ad 1/3 del peso del corpo, mentre una trazione di 3-4 kg è sufficiente ad interrompere la circolazione delle arterie carotidi e una semplice compressione del nervo vago e dei ricettori seno-carotidei può produrre l’arresto immediato del cuore con morte sincopale per inibizione riflessa. 

L’omicidio per impiccamento è raro e generalmente attuato in persone colte di sorpresa o in precedenza stordite. Un’analisi accurata dei luoghi e del cadavere permettono di distinguere un omicidio da un suicidio. In caso di omicidio si riscontreranno, sia sulla scena del crimine che sul cadavere, i segni di una colluttazione, mentre in caso di suicidio potrebbero essere visibili sul defunto precedenti tentativi di togliersi la vita, come tagli all’altezza dei polsi.

Nel caso un cadavere venga sospeso per simulare un suicidio saranno assenti le lesioni vitali (ecchimosi ed emorragie) in corrispondenza dei tessuti profondi del collo e del solco prodotto dal laccio e, nel caso la sospensione del cadavere avvenga tardivamente, saranno visibili ipostasi in posizioni incompatibili con la dinamica suicidaria. Naturalmente, in caso di simulazione saranno invece presenti segni indicativi di un’altra modalità di morte.

E’ chiaro che, in caso di messinscena (staging), difficilmente l’autore dell’omicidio simulerà un impiccamento incompleto alla Condé ma opterà invece per lo staging di un impiccamento completo.

La morte da impiccamento è ascrivibile ad un fattore asfittico, ad un fattore circolatorio e ad un fattore neuro vegetativo.

  • Fattore asfittico: il laccio, in genere posto nello spazio tiro-joideo, sposta indietro ed in alto l’osso joide e la base della lingua che, premendo contro il palato ed il faringe, provoca l’occlusione delle vie aeree. Solo nel caso in cui intervenga il fattore asfittico possono manifestarsi convulsioni asfittiche terminali.
  • Fattore circolatorio: l’interruzione del circolo sanguigno a livello delle arterie carotidi che si trovano ai lati del collo (3,5 kg) ed eventualmente delle arterie vertebrali (16,6 kg) produce un’ischemia cerebrale con perdita immediata della coscienza. La chiusura delle giugulari causa invece una stasi venosa acuta del territorio cefalico che produce un’edema.
  • Fattore neuro vegetativo: un’intensa stimolazione del nervo vago, che decorre verticalmente nel fascio vascolonervoso del collo insieme all’arteria carotide anteriormente e alla vena giugulare posteriormente, e dei recettori seno-carotidei può produrre l’arresto immediato del cuore con morte da inibizione riflessa.

Sempre da un punto di vista medico legale, si riconoscono due tipi di impiccamento a seconda della posizione del laccio: un impiccamento tipico, se il nodo corrisponde alla nuca e un impiccamento atipico, se il nodo si trova in posizione laterale o anteriore del collo. L’impiccamento atipico rientra tra gli impiccamenti messi in atto allo scopo di suicidarsi, il fatto che sia denominato atipico non lo rende sospetto.

Il segno più caratteristico dell’impiccamento è il solco dovuto alla compressione del laccio sul collo. Il solco può essere molle o duro, a seconda della consistenza del laccio. Il solco è obliquo dal basso in alto, ineguale perché più profondo a livello dell’ansa e degradante verso il nodo, discontinuo perché si interrompe a livello del nodo dove la forza di trazione discosta il laccio dalla cute. Nell’impiccamento incompleto in atteggiamento prono il solco può risultare orizzontale.

All’esame medico legale in una vittima di impiccamento, oltre al solco, sono presenti: emorragie nel derma, nel sottocutaneo, nel connettivo interstiziale e nei muscoli cervicali; lacerazione delle fibre dei muscoli del collo; frattura e lussazione dell’osso joide; rottura trasversale dell’intima della carotide comune in prossimità della sua biforcazione (s. di Amussat); ecchimosi nell’avventizia delle carotidi (s. di Friedberg); lacerazione delle fibre nervose del vago (s. di Dotto); ecchimosi retrofaringea o prevertebrale (s. di Brouardel); emorragie sotto il legamento longitudinale anteriore della colonna vertebrale al passaggio dorso-lombare (s. di Simon); cianosi intensa del volto o pallore; presenza di ipostasi nei segmenti distali degli arti e nelle regioni del bacino (ipostasi a mutanda), che possono determinare erezione del pene con emissione di sperma; emorragie puntiformi congiuntivali e enfisema acuto dei polmoni.

Casistica:

Luigi Enrico di Borbone-Condé

Il 27 agosto 1830, il Duca Luigi VI Enrico di Borbone-Condé fu trovato impiccato alla «spagnoletta» di una finestra di una camera da letto del castello di Saint-Leu, i suoi piedi erano appoggiati a terra. Da allora l’impiccamento incompleto è detto alla Condé.

Anna Esposito

Un caso di suicidio per impiccamento incompleto, che per anni ha riempito le pagine di cronaca nera, è stato quello di una dirigente della Digos di Potenza, Anna Esposito, il cui cadavere venne ritrovato impiccato con una cintura di cuoio alla maniglia di una porta del suo appartamento nella caserma Zaccagnino. Era il 12 marzo 2001. Il primo esame autoptico concluse per un suicidio, un secondo esame autoptico, eseguito nel 2015, dopo la riesumazione del corpo, concluse ancora per un suicidio.

Il 24 marzo del 2017 la Corte di Cassazione ha finalmente rigettato il ricorso proposto dei familiari di Anna Esposito contro il decreto di archiviazione che il giudice delle indagini preliminari di Potenza aveva firmato.

Sia la posizione in cui fu ritrovato il cadavere (semi sospeso), che la frattura dell’osso joide, che la presenza del nodo sul lato destro del collo anteriormente sono compatibili con un suicidio per impiccamento incompleto e atipico, non solo, non sono mai stati raccolti elementi che potessero attribuire una qualche responsabilità all’unico sospettato, il giornalista della Rai, Luigi Di Lauro, legato alla Esposito da una relazione sentimentale.

Robin Williams

L’attore Robin Williams si è suicidato impiccandosi ad una porta con una cintura.

Aaron Hernandez

Il campione di football americano, Aaron Hernandez, si è suicidato a 27 anni impiccandosi con un laccio ricavato dalle lenzuola alle sbarre della finestra della sua cella del Souza-Baranowski Correctional Center, Massachusetts, dove stava scontando una condanna a vita per l’omicidio di Odin Lloyd.

Hernandez, prima di suicidarsi, ha bloccato la porta della sua cella dall’interno e ha versato sapone liquido sul pavimento per ritardare i soccorsi.

David Carradine

L’attore David Carradine è stato trovato impiccato in un hotel di Bangkok il 4 giugno 2009. La sua morte è stata archiviata come impiccamento incompleto accidentale seguito ad una pratica autoerotica.

Mario Biondo

Mario Biondo si è suicidato nella sua abitazione di Madrid nel maggio 2013, a questa conclusione sono giunti gli inquirenti spagnoli e alla stessa conclusione è giunto il Prof. Paolo Procaccianti che ha eseguito una seconda autopsia disposta dalla Procura di Palermo a seguito della riesumazione del corpo. Il Prof. Procaccianti non ha riscontrato sul cadavere di Biondo segni compatibili con uno strangolamento o con una aggressione che possano aver preceduto un eventuale impiccamento ad opera di terzi.  

Mario Biondo si è impiccato con una pashmina alla libreria della sua abitazione, come mostrano le foto scattate dagli investigatori spagnoli. Nelle foto, visibili online, non solo non si notano manomissioni del contenuto degli scaffali ipotizzabili nel caso Mario Biondo fosse stato impiccato post mortem o dopo essere stato stordito, ma si vede il cadavere appeso alla libreria, prova che la stessa ha retto il suo peso, e si notano le gambe distese del povero Biondo, come lo erano nelle foto scattate durante il trasporto del cadavere con una sedia lettiga.

In altre foto, sul collo di Biondo è ben visibile il solco obliquo classico dell’impiccamento, un reperto incompatibile con l’ipotesi che Mario Biondo sia stato prima strangolato e poi impiccato, com’è noto infatti, il reperto tipico dello strangolamento è un solco solitamente orizzontale di profondità uniforme senza discontinuità, discontinuità che invece caratterizza il solco dell’impiccamento e che è presente in questo caso.

Se Mario Biondo fosse stato prima strangolato e poi impiccato, solo su un eventuale solco riferibile allo strangolamento e nei tessuti profondi del collo in corrispondenza dello stesso sarebbero stati repertati segni di vitalità, quali emorragie ed ecchimosi e non sul solco prodotto dall’impiccamento perché l’impiccamento sarebbe intervenuto post mortem.

In merito al solco da impiccamento prodotto da una pashmina (o da una sciarpa di seta), lo stesso non sarà mai largo come la sciarpa stessa perché il peso del corpo non si distribuirà mai uniformemente su tutto lo spessore della pashmina, questo perché, alla trazione, la pashmina si tende in modo irregolare, ovvero con strisce di tessuto più o meno estroflesse ed è proprio sulla striscia più estroflessa di tutte che il corpo grava lasciando sul collo un segno di dimensioni inferiori rispetto alla larghezza della sciarpa.

Raquel Sanchez Silva, moglie di Mario Biondo all’epoca dei fatti e noto personaggio televisivo, ha da subito collaborato con gli inquirenti e ha semplicemente cercato di evitare che, attraverso la diffusione dei files presenti sul computer del marito, fosse data in pasto ai media la sua vita privata.

Carlotta Benusiglio

Nelle prime ore del mattino del 31 maggio 2016, la 37enne Carlotta Benusiglio si è suicidata impiccandosi ad un albero del parco di Piazza Napoli, a Milano; la ragazza viveva in via dei Vespri Siciliani, a poche decine di metri dal parco. Al momento del ritrovamento, a detta dei soccorritori, i suoi piedi toccavano a terra, si è trattato pertanto di un impiccamento incompleto. Alle ore 3:39:21, circa 2 ore prima del ritrovamento del cadavere di Carlotta, la telecamera Napoli 14 ha ripreso Marco Venturi e Carlotta Benusiglio, che, imboccata via dei Vespri Siciliani, si dirigevano verso la casa di Carlotta, 3 minuti e 4 secondi dopo, alle 3.42.26, la stessa telecamera ha ripreso Marco Venturi mentre percorreva via dei Vespri Siciliani in senso inverso. Non esistono altre riprese delle telecamere di piazza Napoli che abbiano inquadrato Marco Venturi. Ipotizziamo che una volta raggiunta la casa di Carlotta (alle 3:40:04, la telecamera Napoli 12 riprese Carlotta di fronte a casa sua), il Venturi e la Benusiglio si siano diretti nel parco, per raggiungere l’albero dove è stata trovata impiccata Carlotta, la coppia avrebbe impiegato almeno un minuto, è pertanto umanamente impossibile che Marco Venturi, in meno di un minuto e 22 secondi abbia potuto stordire Carlotta Benusiglio, sospenderla all’albero e tornare in via dei Vespri Siciliani. Sono sufficienti gli orari delle inquadrature della telecamera Napoli 14 ad escludere che Marco Venturi abbia avuto il tempo materiale di commettere un omicidio e simulare un suicidio.

Kate Spade

Kate Spade, 55 anni, ricca e famosa designer americana, il 5 giugno 2018 si è tolta la vita impiccandosi con una sciarpa alla porta della camera da letto del suo appartamento di Manhattan.

Anthony Bourdain

L’8 giugno 2018, Anthony Bourdain, famoso chef, si è tolto la vita impiccandosi in una camera d’albergo di un hotel di Kayserberg, France.

Il Duca di York e Jeffrey Epstein

Il 10 agosto 2019, il finanziere Jeffrey Edward Epstein si è suicidato impiccandosi ad una branda nella sua cella del Metropolitan Correctional Center di Manhattan dove era detenuto dal 6 luglio 2019. Epstein aveva 66 anni, era stato arrestato all’aereoporto di Teterboro (NJ) e accusato di traffico di minori per scopi sessuali. Già nel 2008, Epstein aveva patteggiato una pena a 18 mesi di carcere dopo essere stato accusato di aver indotto una minore di 18 anni a prostituirsi. A Epstein era stata negata la libertà su cauzione e aveva già tentato di impiccarsi il 23 luglio scorso; il medico legale che ha esaminato il cadavere ha concluso per una morte per impiccamento; nei giorni precedenti al suicidio Epstein aveva smesso di lavarsi, di radersi, di pettinarsi, e dormiva per terra invece che sulla sua branda, tutti segnali di uno stato depressivo.

Altri casi:

– L’11 settembre 2014 un giovane dirigente del ministero dell’Economia, si è tolto la vita impiccandosi ad un termosifone del suo ufficio di via XX Settembre a Roma.

– Nel giugno 2003, a Massa, D.P., un operaio di 36 anni, padre di due figli si è tolto la vita impiccandosi alla maniglia di una porta con la cinghia di un avvolgibile, ha lasciato un biglietto con scritto: “Non ce la faccio più a vivere così. Sono disperato”.

– Nel giugno del 1991 Giorgio Licata, 34 anni, nato a Ragusa e residente da tempo a Milano, si è tolto la vita impiccandosi con un lembo della coperta alla maniglia della porta del bagno di una cella di sicurezza della questura di Milano.

Bibliografia

Clemente Puccini, Istituzioni di Medicina Legale

PROBLEMI DIAGNOSTICI MEDICO LEGALI IN TEMA DI STRANGOLAMENTO E DI IMPICCAMENTO

Il Tirreno, 6 giugno 2003, Si uccide un giovane padre di due figli

la Repubblica.it, 8 giugno 1991, SUICIDIO IN CELLA DI SICUREZZA NELLA QUESTURA DI MILANO